Kill Blog vol. 1

Provare odio e amore verso il proprio blog, cioé verso quello che uno scrive, è un sentire comune. La mia blogger preferita (sta su splinder, e non la linko perché provo verso di lei sentimenti di invidia, perfidia e gelosia, e li rivendico) ha cancellato il suo blog almeno tre volte. Quindi, la sera scorsa, mentre resettavo tutto, che in realtà poi noblogs lascia in memoria e quindi non avevo perso nulla, non mi dicevo mica che ero un po’ folle, solo provavo una sensazione di prevaricazione nel cancellare i commenti che avevano lasciato gli altri, amici e meno amici, gente di passaggio o lo stronzetto di turno che mi insultava.

Poi oggi entro in chat e Iskratov mi chiede se per caso ho cancellato il blog, che lui ce l’ha nei feed, ed io mica so ancora come funzioni questa cosa dei feed. Ci rispondo che sì, l’ho cancellato perché era un groviglio di cazzate. Ci chiedo se lui non pensa che il mio blog sia un groviglio di cazzate, e spero mi dica che non è cosi. Infatti mi dice che non è cosi. Poi, anche ombra dice qualcosa a proposito dei blog ed io ci chiedo anche a lui se il mio è o no un groviglio di cazzate. Lui mi dice che è molto più cazzata ora che è vuoto. E poi mi dice delle foto. Già, le foto. Un discorso che mi interessa molto, quello se pubblicare o no le proprie foto. Un sacco di gente mi ha messa in guardia: se pubblico le mie foto qui rischio di tirarmi addosso un sacco di rompiballe. Ma ragionando in questi termini, allora non dovrei uscire dalla porta di casa. Comunque ombra mi dice che le mie foto sul mio blog lo fanno incazzare. Perché ti fanno incazzare le mie foto, ci chiedo. Sono tutte uguali, mi risponde. Devo convenire, ha ragione. E’ che mi piace mettere foto inedite, fatte da me, ma non ho la digitale, solo un cellulare stravecchio e tutto quello che è a distanza di un metro e inanimato non rende. Poi il mio fratellone mi dice che il mio blog è un blog che dà il senso del blog. Kant al confronto è un dilettante. E poi ricevo un’ inattesa nonché piacevolissima telefonata. E’ humanoide. Io credo sia davvero bello che un ragazzo di diciotto anni chiami una donna di quarantuno per una chiacchierata. E il pupetto dice all’incirca che il mio blog ha il suo senso e chiacchierando del più e del meno scopro che conosce molte cose, perché, appunto le ha lette sul blog. E mi dice che solo un paio di volte gli è successo di non leggere fino in fondo quello che scrivo.

Quindi, sommando il tutto ciò, che non è poco, non è poco nonnonnò, al fatto che mi sta mancando clamorosamente scrivere qui, riapro, senza sentirmi per altro minimamente instabile, il mio blog, groviglio di cazzate

Alla tv, Kill Bill vol. 1. Se fossi Uma, credo avrei risparmiata la certosina fatica di ripristinarlo

Bang bang, I shot you down
Bang bang, you hit the ground
Bang bang, that awful sound
Bang bang, I used to shoot you down

 

 

 

 

 

 

 

 




 

 

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Fulatunade

 

 

 

Vedete quali figate può produrre un telefono sfigato, eh, eh, eh? Le immagini erano uscite ferme, ma nel traslarle alla memoria è avvenuto questo processo di liquefazione.

 

 

  

I miei piedi sono più belli di quelli di Sharon Stone, la quale ha un mignolo cortissimo e tutto storto, che ieri sera gliel’ ho visto in Sliders, che però ho solo intravisto, perché già lo avevo visto, e quando ho rivisto lei che si masturbava nella vasca e lui che le chiedeva di togliersi lo slippino al ristorante, ho cambiato channel. Era un thriller troppo erotico e io non ho mai amato i film a sfondo erotico tantomeno se impegnati tipo La Chiave o robe cosi. Meglio Alvaro Vitali e la Fenech piuttosto. Il porno mi schifa, ma ora mi sta succedendo che non tollero neppure più immagini affettuose o d’amore. Anche un semplice bacio, un ti amo, sguardi persi, frasi dolci, che palle. Se fossi io il regista, taglierei via tutto, via via, fotografia successiva, tanto è tutto scontato, ci baciamo tutti uguale. 

 

                                                                
                                                                Vorrei lanciare un appello alla globalizzazione che ha reso tutto uguale, da Camden Town a Londra, dove i negozietti sembrano filiali della stessa casa madre, al mercato di Porta Palazzo qui a Torino, un labirinto di bancarelle che ti soffocano l’aria. Vorrei poter trovare un reggiseno  da due euro di taglia quarta, senza ferretto, senza pizzi e fronzoli, senza imbottitura, un normalissimo reggiseno. Invece sono tutti con fantasie gradevoli e cangianti e versatili, freak, a puà o leopardati, ma dannatamente straimbottiti. 

 

 

 

Sto andando a fare le pulizie nel mio quartiere alternativo, tre ore, alternative, ogni 15 gg, a casa di studenti/lavoratori alternativi che dividono una mega casa alternativa e che me l’hanno proprio chiesto, in alternativa. Io ci sto a pennello li nella veste di colf alternativa, non so se mi spiego, la mia immagine alternativa in quell’ ambiente alternativo ci sta, ci entra proprio in maniera alternativa. Cioè quando vengono gli amici alternativi e mi vedono li a me Cenerentola Alternativa a pulire peli di cani alternativi, con nomi alternativi, mentre si rollano una canna, questi amici alternativi ci dicono a questi studenti alternativi: "Cazzo non solo siete voi alternativi, ma vi siete trovati pure la colf alternativa." Ed io mi ci ritrovo. E’ un’alternativa molto alternativa

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E di nuovo

Credevo di essere diventata internazionale, che mi hanno linkata qui, sotto la categoria alfa

http://nebardi.wordpress.com/

misteri dei blog come son finita li. non ho indagato perché è scritto in portoghese, pero’ dopo che dall’amministrazione sono andata in quel sito lo spam ha invaso il blog e così avevo levato i commenti, che io non so mettere l’antispam, sono pigra in queste cose, ora i commenti ci sono di nuovo.

Domenica è stata una giornataccia. Dovevo salutare i miei ragazzi ed io non reggo queste cose. La pupetta mi telefona e mi dice "senti non andare in comunità, sono usciti tutti, vieni prima da me". E così mi trovo alle Vallette, quartiere popolare torinese, ad una festa a sorpresa in mio onore. Io e loro, tutti quindicenni, con musica pop-killer, che nessuno ha saputo dirmi perché si chiama così. Spumante,limoncello, e confidenze sul balcone. La canna no, cazzo, sono pur sempre la tua educatrice, facciamo che io me ne torno in comunità che devo fare il diario di bordo e ti aspetto li. Facciamo finta che non ho sentito niente, che con che faccia ti faccio la morale sulle canne, ma fumarla davanti a me no, eh.
Compromessi necessariamente inevitabili.

Torno in comunità, credendo che gli altri ragazzi siano ancora fuori, invece stanno preparando un cartellone di saluti per me. Retorici parrebbe, ma non lo sono.
Grazie per il tuo aiuto, sei speciale. Frasi adolescenziali, ma io lo so che per loro sono vere. Per me molto meno.
Poi si canta al karaoke. Io: "Occhi di ragazzaaaa quanti cieli quanti mari che vi aspettanooo". Loro: "Regina di cuoooori" Uff e che palle Pelù, dico io e allora propongo Celentano "Sotto le lenzuola". Fischi. "Non capite un cazzo" dico, ma manco ci credo io, mi scappa da ridere. Mi  piace prenderli per il culo.
E poi, decisione unanime, tutti in coro, "I giardini di marzo". Da tagliarsi le vene.
Controllo i vetri..non stanno per saltare.
E poi ancora "Fotoromanza" Se qualcuno sentisse le urla, chiamerebbe il 118 penso.
Ma la stanza del karaoke ce l’ha regalata la Juventus. Mica si scherza, è super insonorizzata bellissima, con batteria, strumenti, computers.
A cena niente discorsi di rito per me, non mi piacciono, e poi sapere cosa dire è come sapere cosa fare e dove andare, ed io non so.


E poi, inevitabili, le lacrime, le loro. Mi pesano, penso lasciatemi andare, non ce la faccio proprio più, devo andare. Sopporto a malapena i loro abbracci, mi stanno strappando a pezzi, Non ho proprio voglia di fare spazio al dolore, questa volta non voglio proprio sentire.
La pupetta mi accompagna al tram. Silenzio. Io le dico che non so cosa dire, che già le ho detto tutto. Lei annuisce. Alla fermata già il nove sta arrivando. Le dico "Lo prendo, non aspetto il prossimo" Abbraccio, salgo, saluto, lei mi manda baci e poi scoppia a piangere.
Saluto, giro la schiena non voglio vedere, mi siedo. E’ andata.

E di nuovo cambio casa
come cambia l’orizzonte, il tempo, e il modo di vedere
cambio posto e chiedo scusa,
ma qui non c’è nessuno come me

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Zucchine e Zuccone

Cusot
Scegliere le zucchine di media e ugual misura. Farle bollire in acqua salata. Tastarle durante la bollitura, son pronte quando la forchetta entra a fatica, sennò diventano poltiglia piena d’acqua. Scolarle, lasciarle raffreddare il tempo giusto per riuscire a maneggiarle senza urlare di dolore e affettarle, mmm come si dice, per lungo? Cioè, tagliarle a metà e poi affettarle ancora, da fare in modo che le fette non siano troppo sottili, ma che so, di una metà farne ancora almeno tre. Teglia, carta da forno, stendere le fette. Olio, parmigiano. Ancora sale, per chi ama il sale. Gratinare in forno. Piatto veloce, gustoserrimo e leggero (se non esagerate con olio e parmigiano)

Pillolina di banalità

Cambio sempre canale quando sento parlare li politici della destra alla TV. Un po’ mi annoiano, un po’ mi fanno incazzare. Nella fattispecie, La Russa mi fa tenerezza, Berlusconi mi fa ridere, l’ho sempre considerato una macchietta, Fini mi scatena repulsione, Casini mi preoccupa, per lui intendo, La Prestigiacomo è di un’antipatia intollerabile, la Mussolini scema. Ma quando parla la Santanché la devo ascoltare. L’unica antagonista degna di rispetto. Ora spero di non aver toccato uno dei tabù intoccabili e imprescindibili di sinistra, come vabbè antifascismo, antirazzismo, antisessismo, o come lo sciopero che se non scioperi sei un crumiro oppure un fascista. Si può, a sinistra, rispettare qualcuno di destra? O sono un’infame terzoposizionista? Mah! In ogni caso, sono vittima della campagna elettorale, che ci posso fare? Ho un ricordo di Porta a Porta, tempo fa. Lei, la Santanché in sfida con la portavoce della "Sinistra Critica", l’insegnante precaria, capelli corti e occhiali (dio non ricordo il nome). Due piccole jene, una bella "sfida". Ma a livello d’immagine, comunicazione e marketing (o come amo usare questi termini da quando ho capito concretamente cosa sono..) la nostra eroina di sinistra ne è uscita decisamente perdente. Ero con mia sorella, e quando Vespa l’ha presentata ci siamo guardate e senza parole siamo scoppiate a ridere. Io ricordo che stavo bevendo dell’acqua e l’ho sputata, spruzzata in aria. Ecco. Poi, dopo la risata, ci siamo dette "Ma è uomo o donna?" Piccola e minuta, era sprofondata in una poltrona, una giacca enorme con due spalle così, a righine, sopra una camicia di flanella a quadretti, di quelle camicie che neppure mio padre usa più. Ora, io la tipetta della Sinistra Critica l’ho poi rivista dopo, e, se non ostentava le coscione come fa la Santanché, era decisamente più femminile. Che dire invece di Porta a Porta? Paura del confronto diretto, oppure tutto studiato? In ogni caso, esce il tabù della sinistra, mi devo far apprezzare per il mio cervello e non per il mio corpo. Per tutte e due le cose, no. Troppo di destra.

 

 

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Downtown San Francisco

Mi hanno sempre dato fastidio le briciole nelle lenzuola, mi alzo
sempre per scuoterle via, e anche se ho l’abitudine di mangiare di
tutto e di più nel mio letto la sera, io alle briciole ci sto sempre un
casino attenta e le faccio sempre cadere a terra. Ma ogni volta che
mi alzo e mi rinfilo sotto le coperte, le briciole stanno li. Mi sono
sempre chiesta perché e stasera finalmente ho capito che non dovrei
camminare scalza. (Ah, ah, ah. Che ridere. Che brava, ma come sono
brava)

Viaggiooooooo, ho voglia di un viaggiooooooooo.!
Sudamerica, l’ultima carità di un’altra rumba! Sudamerica, stelle
uruguaiane! Sudamerica. Patagonia, Messico, Guatemala. Nicaragua, rum e
ron, Cuba, Cuba Cuba e que viva Fidel! Io ci devo andare in mezzo ai
colori cubani, e prima che a Fidel se lo porti via Iddio che io, di
sinistra molto a sinistra ho sempre detto che Cuba è l’ultima perla al
mondo e anche Jamilé, ingegnera cubana tutta curve dice agli italiani
scemi e controrivoluzionari che gli danno dello stronzo che Fidel "E’
solo stronzino".
Ah Sudamerica, Sudamerica, Sudamericaaaaa!
Il giorno tropicale era un sudario
davanti ai grattacieli era un sipario
campa decentemente e intanto spera
di essere prossimamente milionario

Ma, solita sfiga, non sono tempi giusti, mi aspettano un sacco di
responsabilità di qui a breve. Bella, non ho mica vent’anni. Un viaggio
ora, proprio non posso. E allora, fra gli schiaffi di queste mura
torinesi, leggo invidio piango e sanguino dei viaggi altrui.

Il
viaggio raccontato è quello di Pete, un amico conosciuto nei
miei sei mesi mancuniani. Di Manchester ho un ricordo soffusamente
malinconico, lirico nonché onirico, che non so descrivere, se non citando la splendida
"Hallelujah" di Leonard Cohen. Gli inglesi sono più avanti di noi, che
arriviamo sempre un passo dopo, anche nella tristezza e nella
depressione.

California, San Francisco, Silicon Valley, il mito è sempre il mito. L’America è grandiosa ed è potente, tutto e niente il bene e il male. Città coi grattacieli e con gli slang e nostalgia di un grande ieri. Kerouak, Ginsberg. We’re older now, but still runnin’ against the wind. Ecchecazzo.


Per chi ha voglia, e soprattutto mastica l’inglese.

 

Charles De Gaulle airport, Paris
 
I’ve
lost track of all the good things in my life, all the joys. Everything
gained in the way of hedony is in the past somewhere unattached to now.
It’s been a long and tortuous second half of the winter.
 
It’s 2008 and I’m sat in an airport lounge waiting for a plane to San Francisco.

These
two things seem to share something, a thread runs through them though
on the surface they seem distinct. One answers the other. One
compliments the other and so here I am in ample position for me now,
feeling empty but with my ticket in hand on the escalator to
fulfillment, lead character in this unfolding story of emancipation.


Arriving in San Francisco
You get off the plane knowing what the landscape contains for a thousand
miles north west of here. snow, ice, rock, an enormous lake. which makes
landing here in summer even greater. I was so relieved to step off the
plane into summer. Max and Ashley met me in Ashley’s pickup and whisked me
home along a wide busy freeway. we went up on the hill beside their house
in the sun in sandals. From green lucious grass with the dog we looked out
over a swathe of criss crossed streets with small houses across to
downtown san francisco rising North American City fist-like high into the
sky, bits and pieces of ocean in all directions and so many bridges – the
familiar golden gates.
So relaxed to land amidst summer coming from cold greay Manchester.

We went to Max’s old house, Station 40. My dad had said everywhere in SF
was safe apart from the Mission district. This place was precisely at the
most intensely deprivated point of Mission. I hadn’t expected to see the
ugly poverty of America in SF but here I was straight in from England and
walking along a street of poor black and hispanic people crazy mumbling,
living out of shopping trolleys, hanging out on the street looking mean or
just looking. All these creeds and casts I know from movies. So
realistically recreated enactment of a gazillion films over my lifetime.
Station 40 is another of those huge shared anarchist spaces Max seems to
keep finding, full of spaciousness and full of loads of lovely people
living in it. organised. friendly. part of the network. I’m jealous again
before I even begin.

I was amazed to be walking about witrnessing America, somewhere for so
long been on the edge of reality, so seen but not experienced. here it was
afterall and why have I not been here more often? It seems alien and yet
familiar I can;t settle on either because at one moment it seems different
but at the same moment as though I’ve never been away and I’ve arrived
home or something. I have been here before, so long ago, so perhaps I
remember more than I realised, or it’s just having been brainwashed with
US culture since birth. Interesting that you can come so far and it be so
easy because everyone speaks English (tho yeah, a lot of Spanish spoken
too). I signed out a bike for 2 weeks from Station 40.

We went to Rainbow an amazing wholefood supermarket bigger and probably
better than Unicorn; we went to Max and Ashley’s artists studio; we rode
the tram, putting our bikes in a cage at the front we had to pull down and
strap them in. Just a few hours and already I’m gutted I don’t live in
vibrant places where young people walk streets crammed with decent places
to eat, organic supermarkets full of quirky alternative and anarchist
types. I’ve only been out for a few hours and not even been downtown yet.

I had a half hour nap but other than that stayed up so as to beat the jet
lag. So I experienced yesterday in this great flu-like daze awake and
relaxed but yet not awake.

I want to write to people to express my experiences and that seems really
important seeing as they’ve known me before I cam here and would want to
know how I’m experiencing this but there are maybe seven people and
writing to them individually would take all this time I feel would be
better spent actually being here whilst I’m here, leaving behind homely
ties and really experiencing here.



Big Sur

On tuesday afternoon I drove out of the city, down the freeway toward
Monteray in the hot sun. A few hours driving and the soft golden sandy
dunes of Monterey appear. I sat on the beach for a while watching people
walk their dogs along a long beach that stretched on toward distant
empty dunes; long billed waders hopping at the edge of the surf; then
drove on.
Stopped at Safeway for essential frugal foods. Everything’s a learning
experience in a different country. You learn a scenario then you’re done
and you don’t notice it the same from then on. But first the delights
and confusion. Bread, cheese, beer, tomatoes, peppers, apples, avocados,
bananas, orange juice, yogurt and water, before heading toward Big Sur
and an uncertain night.
I stopped on a beach for a sandwich in the last light. Watched a gaggle
of condors swirling slowly together in an updraft, turning over upon and
around one another.

Driving down Highway 1, the Coast Road. In the dark. Just enjoying
driving in the American Night. At last, after so much Kerouac so much
Ginsberg all those years of lapping up American literature of the road
and all the films the romanticism of big American cars balling along
great distances. I lapped it all up and here I am, going down Highway 1
with the window open at night the cool wind blowing in, listening to the
radio, trying to see if I can feel American music now in a way I’ve not
been able to before. Felt as tho I could have driven on and on thru this
vast country, this welcoming night.
What I could see of the landscape started to look fantastic so I figured
I should find a campsite. Ashley had said I’d get a ticket for sure
sleeping in the van around here. There were no campgrounds I could see
so I pulled off the highway at Bixby Creek Bridge, up a dirt track up a
hill. Just a little way along I parked up. A myriad of stars throbbed in
the sky; light from the occasional house dotted around the valley, just
a hint of habitation; the evocative smell of woodsmoke drifted up; the
clunk-clunk clunk-clunk of cars driving slowly over the paved bridge
below, the ocean beyond. I drank a beer and wrote, fearing a poor
night’s sleep woken by a cop with a torch and an attitude.
I slept badly on the mattress in the back, woken not by cops but an
occasional car coming up the track and continuing to twist on down
following the track into the valley below to one of the twee clusters of
lights nestled between banks of trees, clasped in hand by the valley.

I woke to the spectacular view I’d hoped would be revealed. So many
trees. hillsides rising and falling.
I drove on and straight into magnificant views of landscape crashing
into the sea, jagged edges of cliff and cove, rocks sprouting out of
water. The radio said today would be wet and tomorrow back to the
regular programme of clear weather. It was so beautiful because of the
sultry drama of the weather. I stopped at one viewing point after
another. Ocean swell rolled in, rising to crests, buoyed on the wind,
then crashing in on themselves. Sea lions twisted and rolled in the
water. Tourists on the cliff edge pointed their video cameras down at
them. Behind the ocean, forests clung to hillsides.
At Sur Point the waves carved up into peaks, then tubes, before crashing
with a white flurry into golden sand. The beach strecthed out away from
the land to a huge bulbous outcrop.
From there the road came up into the woods. Big Sur. Following my dad’s
itinerary. Monterey, Big Sur, Carmel, I have a childhood of place names
he brought back from this coastline and cherished.
Up higher now into the woods. Really enjoying the peace, away from the
claustrophobia of the city, the mania of the Mission district; being out
on my own and at peace, amidst the beauty of the forest, the coast, the
dense smell of greenery after rainfall. This was Big Sur. Occasional log
cabin guest houses and roadhouses appeared. In re-enactment of my
internal Twin Peaks movie I stopped at one looking for black coffee and
apple pie. No pie but coffee. Looking out on the rain falling against
the backdrop of trees, gas station attendant in long-groin skater pants
sheltering; woman at the counter engaging everyone in happy dialog, so
many options with every food order in this country, making up coffees
for people who want half full-fat and half redcued-fat milk she says "as
long as you’re happy". In America I find it hard to be in a public place
like this without being engaged by someone in conversation. Everyone’s
so polite and friendly. Maybe it’s just a Califnornia thing.

Having been up at first light there was so much day ahead for me. I
drove back, eager to meet with Max who’d be at Station 40 for my
introduction to ease me into moving there.
Back up Highway 1, a band of cloud half way up the cliffs clinging to
the jutting chaotic headlands all along the coastline.
Driving a car is so much easier than my van. you just cruise along in
total ease. I really got the American driving enthusiasm. Just driving
for the love of the movement, the road. listening to some fantastic talk
radio. There’s so much understanding of a culture to be gotten from
listening to radio. And I’m definitely  looking for authentic American
experience. Scanning and rescanning the dial, looking for people
talking, looking for native rock’n’roll, blues, things I could get a new
grasp of now here in California on a misty drizzly afternoon driving
North. Getting out at viewing points and beaches just to marvel at the
scenery the waves building then blowing out. At one beach a guy in an
insanely over-sized pickup, surf board in the back, pondered the waves
that were getting up. At the next beach a clutch of black suited bodies
waited in the water, occasionally pushing off, kicking hard then
standind up and riding a wave in to shore, ripping it up this way and
that then plunging into the water as it broke up into a fizzling boiling
flurry. Sometimes the waves really rose up higher and held themselves,
then their tips clawed their way over into a tube to eventually crash in
on themselves with such a huge sound I’ve never appreciated such weight
of waves before.

I took the slow coast road all the way back to San Francisco rather than
the direct freeway because it hugs the shoreline most of its way.
Mistaking Ashley’s directions for the route in to Mission I ended up
missing my familiar way points. I had a window to meet Max in that was
going to allow me to move out of her’s and into station 40 then go out
for tea with her and Emily and now I didn’t know where I was and
everything was messed up. I was going way out of my way north out over
the Bay Bridge out of town so I headed back. Then I was going back and
forth through Daly City south of San Francisco not knowing which
direction was the right one. In a panic attack not seeing any familiar
land marks, hating driving in cities, hating coming into a city without
a plan, hating myself, almost giving up and driving on out to Bolinas up
the coast instead; going back and forth across the city at different
angles never finding a signpost for Mission. In too much of a state to
want to talk on the phone to anyone to ask directions that I didn’t know
well. Emily rang Max’s phone, which I had, wondering about our
appointment and recommended I get to 101 then take the Cesar Chavez
turnoff. In heading back toward that I soon came upon a ‘Mission St’
and, far easier, followed that, hoping it was _the_ Mission St that I
knew. It went and went and went and I followed it clinging to the hope
of it and eventually I saw downtown San Francisco quite where it should
have been in the right direction in the distance, then familiar places
and it _was_ the right road and it took me all the way in to Mission
district and I was able to park up on Shotwell just like they told me I
could and get over to Station 40 and there was Max and my introduction
to people and a bed in the rafters and the chance to sit down and chat
in the kitchen before going out for food.

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Trollina consiglia

Va bene.

Dopo le recenti osservazioni su quanto fosse personale il mio blog, leggi i commenti al post precedente, la vostra blogger si adegua alla linea di noblogs e apre una rubrica di recensioni (solo libri o films vecchi e obbligatoriamente pop-olari, straletti e stravisti), una di cucina, una di pillole di banalità, per ora, poi si vedrà

Recensioni

IL LiBBo "Io sono di legno" di Giulia Carcasi ed. Feltrinelli, pagine non lo so

Opinione di trollina: la ragazza sa scrivere. Voto 10+ (io sono seNpre generosa) 

Il Film "Non ho sonno" di Dario Argento, non so l’anno, ma l’ho rivisto ieri notte

Opinione di trollina: l’ho rivalutato, dopo averlo visto per la terza volta. Non so dire il perché, però. Credo sia stato vedere il tram della linea 10 e il treno per Bardonecchia.

Consiglio: giovedì prox in seconda serata su rete4 ci sarà "Schegge di paura" con R. Gere, ma soprattutto con quel marpione di Edwardnonricordoilcognome, che interpreta la parte di uno psicopatico. Da non perdere!!

Ricette 

Pasta alle spezie (come la chiama mio papà)

E’ una ricetta super veloce, come piacciono a me

Dovete raccogliere un bel po’ di gusti aromatici (e variare a piacere), salvia, santoreggia, basilico, rosmarino, alloro, una mega cipolla. Tritare il tutto finemente con la mezza luna, fare soffriggere con olio extravergine di oliva, buttarci i pelati. Fare cuocere a fuoco lento, (i sughi vanno sempre cotti a fuoco lento) e poi all’ultimo buttarci panna da cucina e origano. Lasciare riposare il sugo (i sughi vanno sempre lasciati riposare) Si consigliano fusilli o penne ovviamente.  

Per chi, come me, non ha un giardino o un balcone dove far crescere le piantine di basilico, etc, e non ha possibilità economiche, passare alla CRAI, reparto verdure, staccare dai mazzetti di spezie fresche in vendita, che son sempre carissime e vanno a male, solo la quantità giusta prevista. Infilare in tasca e non pagare alla cassa.

Pillole di banalità

La RU486 è un insulto che a dolore aggiunge altro dolore. Chi ha affrontato un travaglio, sa che l’unica cosa che te lo fa reggere è il pensiero che donerai una vita. Come cazzo si fa ad affrontare un travaglio con una situazione psicologica già devastante?

Manca la foto della pasta alle spezie. E’ che ho scritto dopo averla mangiata.

Buona giornata a tutti

trollina 

  

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The mirror

tro, io non lo so cos’è.
Non è l’immagine che mi son fatta di lei, della donna al volante intendo..
né il tono delle sue parole.
Non so esattamente cosa ho trovato di te in questo specchio.
Credo sia lo swing morbido e libero con cui scivolano i suoi pensieri
lo sguardo ferito dritto sulla strada
la forza fragile, un po’ la dolcezza, un sorriso nel retrovisore..
Quel po’ di speranza, compatibilmente.
Un ologramma chimico di qualcuno che ti ha sfiorato
Non so se ti godresti, cercandoti
Prova semplicemente a leggerti
 
HCE, sto così ๐Ÿ™‚
 
 
 
 
 
 
 
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Fire in my belly

Stamattina scendo dal tram e mi giro una sigaretta. Intanto prendo l’iPod e faccio per infilarmi le cuffiette nell’orecchio, ma invece mi infilo la sigaretta. Capita.
Sempre stamattina, sto male, molto male. La mia vita è fuori da ogni controllo, la primavera è iniziata di merda, voglio cambiare, tutto, e per prima cosa voglio licenziarmi dal sociale, non ce la faccio più. Me la tiro, mi metto la gonna, non metto mai la gonna e mi dico vado a licenziarmi. Invece strada facendo suono il campanello di vecchie conoscenze per chiedere se hanno bisogno di me per qualche ora. Mandaci il curriculum. Mando il curriculum. Sempre nel sociale. Capita.
Io sto male e non riesco a dirlo, mi vien più facile sul blog, perché tutti si allontanano quando stai male, e anche sul blog, quando scrivo pesante nessuno interviene, ma il blog è solo un blog. Io sto male e allora sto ad ascoltare amici che mi chiamano per raccontarmi dei loro successi professionali e personali, dei loro amori primaverili, dei loro viaggi. Io ogni tanto penso se non stanno mai male o se tutto è così ipocrita. Ieri  una mail di un amico inglese, che non mi scriveva da un paio di mesi. Dice che sta per partire per un viaggio di 4 settimane in California, e, scrive, gli preme dirmelo, perché se mai mi venisse in mente di mandargli un’email, non devo preoccuparmi se per 4 weeks non mi risponde. Poi, un barlume di realtà, credo. "I’ve had a shit winter, probably not in comparison with you though" conclude. Capita.
Sempre stamattina, che si è fatta oggi pomeriggio, passo da un amico che ha chiuso un negozio di dischi per disperazione e ora fa serigrafia su magliette nel retro e ci propongo di fare su in società un trovarobe di robe usate, vestiti per bambini a 3 euro, che va bene anche per gli stranieri che qui è pieno, poi jeans e robe da 3 euro che prendi gratis o a un euro e ricarichi del duecentopercento e poi mettiamo i tuoi cd invenduti in un angolino, in un altro angolino un oggettino antico, in un altro angolo ancora un quadro di un amico, cioè, voglio dire, un reparto di tutto un po’ che costi un cazzo, un altro di magari di magliette un po’ più fiche, magari un po’ più care ma originali, tanto non paghi l’affitto. Mi parla del sistema fiscale, un termine inglese, che paghi le tasse su un minimo, che è davvero un massimo che lo stato ti fissa, poi mi dice che in quella via non passa mai nessuno e neanche troppo gentilmente mi manda a cagare.
Mi chiama l’unica amica che conosce il mio vero stato d’animo. Non ci sarò in questi giorni, sono da quell’amica che ti ho presentato domenica scorsa alla sua mostra. Ah, già si, simpatica, dov’è che sei? Ha un bed and breakfast a Camogli, ci sentiamo quando torno. Già, ci sentiamo quando torna, anche la mia amica ha bisogno di staccare dal mio malessere, penso. Ah, sai che mi ha detto la mia amica? mi dice. No, che ha detto? Mi ha detto "Ma quanto è triste la tua amica? Ripigliati". Beh, quel suo quadro con quella cornice spessissima era così angosciante, vorrei dirle, ma so che ha ragione. Si, mi ripiglio, fammi leggere le ultime sul Tibet.
Hi Michael, here i’m, on the road again. Your lazy italian friend is here. A little tired smile for you. So you have to replay on my blog, you know, i don’t speak English ๐Ÿ™‚ 
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Saturday night fever

(suoneria messicana del mio cellulare, presa da mia figlia e qui riportata come capisco, cioé niente, ma fa lo stesso)

"esto llamando, bonito, llamando llamando lllamando contesta (?) tu telefono papito, esto llamando, puta madre, cono, puta telefono, te esto llamandoooooooooooooo"

(il testo della seguente breve telefonata è tradotto dal piemontese all’italiano, per ovvii motivi di blog-marketing)

"Ciao buraciasa" (buraciasa è piccolo insulto piemontese, significa, più o meno, burattina, scemotta)

"Eh, ciao fulatuna, come va?" (fulatuna significa cretina)

"Bene, niente di nuovo, solo un po’ d’ansia libera che non mi fa respirare tutto il giorno, cioè tiro il fiato lungo ma l’aria non entra, come quando sbadigli e non riesci a sbadigliare e tutto il giorno fatico a respirare e poi mi si gonfia la pancia, credo di aver preso due chili in due giorni, perché quando respiro immetto l’aria nella pancia come se fosse acqua che riempie un palloncino che si gonfia, e tu come stai?"

"Bene, ho dormito tutto il giorno, mamma è qui e chiede se sei stata tu a bere il genepy che il prete aveva regalato a papa’ sabato scorso quando sei venuta giù da noi, te la passo?"

"No non me la passare, ma salutamela tanto e dille che si, l’ho bevuto io il genepy per digerire, un bicchierino piccolo, dille che non misuri la bottiglia, che tanto è un quarto di litro e ha il collo strettissimo, e se l’ha regalata il prete è una benedizione, mandale un bacio"

"Stasera ricordati di guardare il programma"

"Sono rimasta in casa apposta. Che è successo sabato scorso, prcd me lo sono perso sabato"

"Ha parlato sempre lui, gli occhi dovevi vedere gli occhi, diceva che si si le aveva ammazzate lui, madre e bambina, ci aveva messo un sacco in testa, e gli occhi.."

"E il ragazzo che c’entra?"

"Il ragazzo dice che era terrorizzato, non ha fatto niente, solo che che gli passava i sacchi e altre cose per ammazzarle e che lo ha aiutato a seppellirle, ha scavato la buca. Poi però passavano telefonate dei due che ridevano"

"Speriamo che stasera la Petruzzelli non passi solo le arringhe degli avvocati, che quelle sono noiose"

"Si chiama Petrelluzzi, balenga" (balenga è altro insulto piemontese)

"La chiamo Petruzzelli da quando ero bambina. Va bin, ciau badola (altro insulto), ci sentiamo domani"

Ed ora, manca poco allo scempio, che non sono uscita apposta per guardarmi Angelo Izzo su rai 3.

C’è di meglio, fuori? 

C’è di meglio, fuori? 

 

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Saloperie*

  41 anni per una donna è un età critica assai.
Per trovare l’Ammore, per esempio.
Devi essere ancora generalmente appetibile, decisamente abbordabile, adeguatamente materna, sicuramente non fragile, dolcemente ingenua, ovviamente intelligente e rigorosamente esperta di sesso. 
Chi dice che l’Ammore non ha età? Si che ce l’ha l’età, soprattutto a 41 anni. Dalle mie approfondite statistiche l’età media dei miei corteggiatori, non ho ancora capito se sono io a cercare loro o loro a cercare me, è sotto i trenta. Il range dei miei baldi eroi va dai 25 ai 27 al massimo. Sono alquanto disperata per questa situazione, ma se ci ragiono, d’altronde il mercato non offre un granché. Gli over 30 hanno carriera e coetanee 26enni. Il sessantenne ne deve proprio valere la pena e, come si dice, è troppo grande la città per due che si stan cercando. Il cinquantenne è proiettato verso adolescenti Lolite. Quelli della mia generazione, che si sono fatti gli ’80 con me, mi sembrano mio fratello e so che ci farò da madre due settimane dopo averli incontrati. Ora, a conti fatti, non restano che i pischelli 27enni. Con i quali mi incazzo anche parecchio e ci chiedo che vogliono da me. Davvero eh, sono davvero incazzata, perché io sono una che alla classica sana scopata con un bel giamaicano che ti fa provare tre orgasmi di fila, preferisce un’ombrosa melodrammatica semirelazione, in cui strapparsi i capelli. e pure senza orgasmi. Quindi io con un 27 enne che ci sto a fare? E’ che molti di loro sono testardi, non mollano. Della serie più me la fai luccicare e più ci sbavo. E la cosa funziona, funziona maledettamente, meno gliela do’ e più insistono, perché poi, io mica faccio finta di non dargliela, ma proprio non gliela do’. Simple e naturale, no? Ora: un estremo disperato tentativo di conoscere meglio uno della mia generazione è andato in fumo poco tempo fa, dopo un suo sms, scritto esattamente cosi "CIAO MARINELLA VOLEVO SCRIVERERTI CHE TI PENSO DA IERI CREDO DI ESSERMI INAMO". Eliminato all’istante dal mio immaginario.  Invece l’ultimo che resiste è un talebano afghano, conosciuto una sera in un locale. Carino e muscoloso pure, e che soprattutto mi manda sms più simpatici: "Oggi si fa qualcosa, ma nn ho credito e nn domandarmi". Ma ha il difetto di avere 26 anni. Tempo prima ero andata a cena con lui perché io volevo sapere tutto sui talebani, che io il libro Il cacciatore di aquiloni mica l’ho mai letto. Ma avevo saputo poco, solo che si è fatto la guerra talebana, che si è attraversato la frontiera a piedi, Pakistan, Iraq, Turchia, Grecia, Italia (forse ho saltato qualche Stato, non ricordo..). che odia i talebani ed è filoamericano..Solo quello perché poi ha iniziato col baccagliamento ed io gli ho fatto il solito discorsino, non te la do’, papepi, se ti va ci facciamo quattro chiacchiere ogni tanto, pipopu, nulla di più. Boh..credo resista solo per il discorso di prima, della luccicanza, e la sera scorsa siamo andati a giocare a biliardino e purtroppo il destino mi è stato avverso, perché io, che non prendevo una stecca in mano da anni, ci ho fatto un paio di buche che non so neppure io come, che lui ha spalancato la bocca e  credo che si sia innamorato delle donne italiane. Vabbè tanto non gliela do lo stesso. Ok, vado a farmi un bagno, che stasera esco e vado in cerca di vicissitudini.

*Saloperie è un piemontesismo/francesismo. Vuol dire, più o meno, porcate

La foto sono io versione pornostar, che in realtà è uno sbadiglio. 

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