E c’è..

Chi si deve bucare in un angolo di dolore.

Il mio viaggio è finito. Sono partita con l’idea di essere una persona profondamente sbagliata e che in questo mondo proprio non riusciva a entrare e centrare
Torno, prima del previsto, con alcune certezze.
Velocemente:

– Riesco finalmente a distinguere dove i problemi sono miei e dove iniziano quelli degli altri, mentre prima erano tutti solo miei. Il classico cinquanta e cinquanta, che a parole è facile, ma viverlo è pochino più coNplicato.

– Mi incazzo troppo. Gli altri non meritano mica tutta questa mia rabbia. La devo regalare solo a chi ne è degno.

– Nella vita avrei voluto essere Patti Smith, ma non sono brava come lei. Però in molti stavano ad ascoltarmi cantare con la chitarra e la mattina alcuni mi chiedevano "Patti che hai prodotto oggi?"

– Stracciavo tutti gli uomini  a calcio balilla. Tranne uno.

– Cara FikaSicula, credevo di vivere in una società matriarcale. Invece la leadership riconosciuta è, purtroppo, prettamente (apparentemente) maschile. L’unico mezzo che una donna ha per emergere è ancora, sempre e solo, la seduzione. E si sa, dietro ad un grande uomo c’è sempre stata una grande donna. Abbiamo buone speranze.

– Cara FikaSicula, troppe donne insieme in un contesto competitivo sono un covo di vipere

– Ho finito prima del previsto. Sono alquanto introspettiva e il lavoro di tre mesi l’ho fatto in due. Ma questo di me già lo sapevo

– Ho perso i sette chili che avevo preso a Londra. Spero di averli restituiti a qualche inglese.

– Ho retto un mese, con la mia testa, la mia pancia, le mie certezze incertezze, i miei piedi sempre scalzi, le mie lacrime regalate al lago, le mie bestemmie alla luna, la mia paura al sole, la mia voglia di sputare in faccia al mondo. Poi, siccome sono un po’ fragile, ho avuto un attimo di debolezza e mi sono (quasi) innamorata. Ovviamente dell’unico che non riuscivo a stracciare a calcio balilla. 

– Ora serve solo il tempo. Per me, ma anche per pareggiare con lui a calcio balilla. Però dicono che c’è un tempo per seminare e uno che hai voglia ad aspettare, un tempo perfetto per fare silenzio e guardare il passaggio del sole d’estate. E’ tempo che sfugge, ma niente paura, che prima o poi ci riprende, perché c’è tempo, c’è tempo, c’è tempo. C’è tempo per questo mare infinito di gente.

Sto bene e il Lago Maggiore è splendido.

Un ricordo alle quattro vittime del Tossic Park. Grazie a chi mi ha salutata. Abbraccio Suspiria.

You say you want a leader
but you can’t seem to make up your mind
And I think you better close it
and let me guide you to the purple rain
Purple rain, purple rain, purple rain, purple rain

 

 

 

 

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Farewell

Sono in un internet point, il tipo indiano qui è simpatico, il prezzo è un po’ alto, mezz’ora un euro. Ma il mio bus partirà alle ore 22.00 e il tempo qui passerà più in fretta, e poi un saluto a tutti gli amici che mi leggono lo voglio fare.

Strano mondo quello di Internet, basta che tu spenga un bottone e non sai più nulla di quello che succede lì. Un click e pam, sparisce tutto, spariscono tutti.

Il cavo di alimentazione del mio computer è fuso, per sostituirlo mi han detto che sono 50 euro, il portatile ne vale si e no 300 e per adesso ho deciso di rimandare

Anche perché giovedì prossimo partirò per un viaggio particolare di tre mesi.  Diciamo che posso definirlo un viaggio nell’interiorità. Senza internet, senza televisione, solo una quindicina di altra gente, come me. Il posto è carino, una vecchia casa in collina sul Lago Maggiore. Anche il nome della zona, Intra, mi pare indicato per ciò che vado a fare. Un’esperienza senz’altro utile sul piano personale e anche pOfessionale.

Abbraccio Fika Sicula, per abbracciare tutti quelli che su noblogs mi hanno tenuto coNpagnia e rimando tutto a settembre, se il mondo della comunicazione virtuale allora non sarà già stravolto. Comunque Fika…le donne mi hanno sempre fatto abbastanza male. Avevo 15 anni e adoravo Vasco Rossi, quello sconosciuto e spernacchiato, quello di "sto troppo bene le dico prepara il letto solo per Natale". In seguito Vasco, per me sarà quello di "siamo solo noi che ci svegliamo con il mal di testa". Ma alla mia amica piaceva Baglioni e niente potevo fare per farle capire cosa si stava perdendo. L’ho ritrovata anni dopo a parlarmi di Vasco. Le piaceva un sacco, ora. Ma l’aveva convinta un uomo, l’ultimo di cui si era innamorata, mica io. Le donne sono un po’ così.

A presto!

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Cerchi

Sesso amore e morte creano legami circolari. Piccole e grandi storie, decisioni, pensieri, dettagli connessi gli uni agli altri. Si inseguono, si scambiano di posto, coprono nuovi ruoli, si rincorrono, ma sempre procedendo in cerchio. A volte il tempo scorre normalmente, altre sembra costretto a tornare indietro o a fare grandi salti in avanti. Ogni evento, anche minimo, cerca una connessione con altri avvenimenti.
I protagonisti, molto spesso non se ne accorgono nemmeno.
Cerchi sempre più sinuosi, che creano legami profondi o anche solo accennati, che scolpiscono nel profondo la nostra vita o quella altrui o che la sfiorano appena con il gusto del caso. Cerchi nati dallo scorrere del tempo e che del tempo si fanno beffe


Bravo Andrea Borla.
Ti chiedo scusa se il tuo libro, invitante e piccino, mi scivolò in borsa quel giorno in cui incontrai anche Altissimo. Fu durante un attimo propizio, ed io amo appropriarmi delle merci che soddisfano bisogni secondari, così per sfida al consumismo indotto.
Geniale l’idea di unire i racconti da una girandola di connessioni, credo di averle scovate tutte.
E’ la vita, in fondo.
Sensibilità quasi femminile, unita ad un’acuta (e arguta) intuizione maschile, e mi sa che non sei neppure gay, un racconto dietro l’altro, mi hai fatto compagnia, piacevole, leggero e leggiadro libro d’Amore, Tanathos e altre sciocchezze.

Il mio computer sta morendo, il processore non ce la fa proprio più, ci ho messo venti minuti per arrivare sull’amministrazione di noblogs.
Approfitto, per chi si sta preoccupando del mio post "Craving", e mi ha inviato tenere e amichevoli email..di questo post per farvi preoccupare ancora di più.
Stamattina mi ha chiamato la mia d.ssa di fiducia, è preoccupata per le mie transaminasi, un po’ troppo alte. Ecco perché ultimamente soffro di astenia, vomito ed emicrania e mi si gonfia la pancia.

Scemi, vi prendo per il culo come sempre.
Sto bene e sto partendo per una vacanza sul lago ;P
Baci a tutti, a presto

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Craving

Sto invertendo la notte con il giorno, mi sono svegliata da poco. Stanotte, nel dormiveglia, c’era Popcorn alla tv, un cult degli anni ’80. Presentano uno dei tanti ospiti e inizia la canzone. Apro gli occhi, mi siedo in centro del lettone, fisso il video, alzo il volume con il telecomando. Stupido il testo, il ritornello è ripetitivo, è una mandolinata all’italiana, pizza sole e nostalgia per gli emigrati in Belgio, ma quelle parole e quella musica mi cadono nel cuore. Odio l’aurora, ora che non ci sei, scende la sera entri dentro di me... No, non sto pensando ad una storia d’amore come vorrebbe la canzone, solo che..quelli sono miei anni andati, felici, sofferti, agognati, sprecati, sono i miei sogni, li sento, li canto, sembra il tempo non sia passato. Solo la musica  può regalare queste emozioni, soprattutto una canzone che non ti aspettavi di sentire. Piango subito, alle prime note e sono quelle lacrime calde che spesso
non vogliono scendere, ma sono quelle giuste, che da tempo spingono per
uscire. La canzone è "Solo noi". Lui è Toto Cutugno. Si, è una pacchianata un po’ come me in questa foto che ho pasticciato e che mi è arrivata ieri per mail da un mio ex collega gay, con il quale ho condiviso casa per un anno. Sembri la Bertè mi scrive. Icona gay insieme a Milva che canta Lili Marlene in tedesco. Io, di primo acchito, mi sembro una scimmia. La famosa scimmia sulla schiena. Lacrime anche per questa foto scema. Sarà il craving. Diminuisce la sostanza, aumenta la sensibilità, mi tocca. Prima mia madre è passata di qui. Lo so è un periodo nero, mi dice, ma non sarà da quella volta che a Bologna incontrasti quei satanisti?. Rido. "Per favore, sono dei buffoni, e poi mi ero ritrovata ad un seminario su Gramsci, quella sera, altrochè satanismo.." Si, ma posso?  E mi cosparge il letto con l’acqua benedetta di Padre Pio.

 

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Questioni da donne

 

"Scusa a me non sembra che tu sia così piatta come sostieni"
"Ma mi vedi?"                                                                                                                  "Si ti vedo, sei proporzionata. E poi a me il seno piccolo piace"
"Si, la famosa coppa di champagne"
"No, quale di coppa di champagne, quello è un altro stereotipo infelice. Dico che preferisco un seno piccolo ad uno sproporzionatamente grosso"
"Appunto. Sproporzionatamente grosso, non grosso, ti contraddici da sola"
"Non mi fare incazzare, non sei sproporzionata, sei di media altezza e sei magra. Due boccioni ti farebbero solo volgare"
"Ma io non voglio due boccioni, voglio un paio di taglie in più, io non arrivo neppure alla prima con l’imbottitura"
"Esagerata, tirati su la maglietta e fammi vedere il tuo dramma"
"Vedi, non posso neppure indossare una maglia scollata, perché mi scivola giù e..giù non c’è niente"
Sospiro.
Le sue sono effettivamente due tettine piccole.
Piccole, una lieve prominenza, ma con un capezzolo proporzionato, eretto.
Non riempiono di certo il palmo della mano, non rientrano nei canoni estetici richiesti.
Ma a me piacciono e glielo dico.
"L’amica di mia sorella, lei si che ha il problema. Lei è proprio piatta, e ha su due capezzoli lunghi cinque centimetri, che fanno spavento..ahhaha ha solo i capezzoli"
Non ride.
"Vaffanculo se devo confrontarmi con una sfigata scusa.."
"No guarda, non è quella la questione, anzi ti faccio confrontare con me"
Tiro su la mia di maglietta.
Silenzio.
"Bene. Vedo che il problema non è avere un seno grosso, ma è averlo bello e perfetto.."
"E’ ovvio che oltre i quarant’anni, un seno grosso inizia ad essere cadente"
"Vaffanculo tu ora. Ho amiche 45enni che non hanno certo le tette tristi come le mie, che guardano la punta dei piedi.."
"Hai avuto anche una figlia.."
"Anche tu e anche loro"
"Tu non capisci, sdrammatizzi, ma è il mio problema principale. E’ un’ossessione. Quando faccio l’amore mi vergogno da morire, la nullità del mio seno è il mio pensiero fisso, pensa che avviso sempre prima.."
"In che senso avvisi?"
"Dico di non spaventarsi quando proveranno ad accarezzarmi e non troveranno nulla.."
Rido. Ridiamo
"Ma dici sul serio?"
"Cristo, si! Mica voglio fare come quel tipo che ha solo una palla e alla mia amica non gliel’aveva detto. E’ ancora sconvolta ora. E poi dormo con la maglietta, lui è nudo e mi dice di fare altrettanto, invece io mi vergogno. Questo problema mi sta rovinando la vita. E’ da quando sono quindicenne che desidero rifarmi il seno"
"Allora metti che ti rifai ste minchie di tette. E poi? lo sai che si dice si sentano al tatto? Si sente che non è carne vera, che sono di gomma, sono dure e finte"
"Quindi?"                                                                                                                 "Quindi non cambierà niente, perché invece di pensare che sono piccole, penserai che sta toccando il silicone.."                                                                                                   "Non mi importa. E se anche fosse, la differenza sarà la goduria nel vedermi un bel paio di tette come dico io dentro la scollatura

"Avere o essere?"
Il vecchio Eric Fromm applicato alla chirurgia estetica.                                                           E per me, che il mio corpo l’ho sempre fatto a pezzi, e non riesco a stare nuda neppure quando sono sola, potrebbe valere                                                                                                   "Ti amo perché ho bisogno di te, o ho bisogno di te perché ti amo?"                                                                         Sempre Fromm, ma solo stupidi giochi di parole.

 

 

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Remedios

Ciònondimeno.
In questa full immerscion di questi giorni, ho letto, finalmente, anche Gomorra.
Mi sono persa un po’ nella parte fra le lotte di potere dei diversi clan. Troppa gente, troppi nomi e contronomi, troppi agguati e omicidi, non capivo più chi ammazzava chi e perché.
Rapita e basita dalla parte iniziale, quella di Angelina Jolie che indossa il vestito cucito da Pasquale per 600 euro al mese in nero. Analisi economica, se qualcuno ne sa più di me mi aiuti: 100 euro la manodopera per il vestito di Angelina, metti che il vestitino costi 15.000 euro (o dieci volte tanto, non ne ho idea), 14.900 euro in che vanno? Immagine soltanto?
Il liBBo non lo spiega, ed io qualche anno fa, progettando, aprendo, nonché coordinando una cooperativa di tipo B, quelle che fanno lavorare i cosiddetti soggetti svantaggiati (tossici, minori a rischio, psichiatrici, ex carcerati) e hanno il vantaggio di non versare i contributi previdenziali perché lo fa lo Stato al posto loro, ero venuta in contatto con il mondo del tessile per un appalto. E’ il settore meno pagato, l’unica cosa che so.
Noi facevamo packing, la parte finale del processo produttivo e imbustavamo intimo femminile di varie marche. Ti arrivavano diecimila perizoma, dovevi spararci l’etichetta del marchio e del prezzo con la pistolina e confezionarli a seconda delle esigenze della casa produttrice.
L’intimo era destinato ad un mercato medio alto. Ho qui nel cassetto ancora un paio di pezzi mai indossati e una mutanda, una coulotte per essere precisi, costava, prezzo di sei anni fa circa, 47€.
Dolce Gabbana, per parlare di griffe, aveva la particolarità che ad essere prezioso non era tanto il capo, ma l’ologramma, l’etichettina vera e propria. Guai se ne mancava una all’appello. Poi il capo lo potevi anche fottere, ma il marchio proprio no.
Per il resto pagavano strapochissimo, dovevi farti un culo cosi, spaccarti la schiena e prendere velocità nelle mani. Al massimo della velocità raggiunta, roba che la gente era stupita a guardarti muovere le mani, tiravi su circa dieci euro lordi all’ora, che detratte tasse e spese si dimezzavano.
Si sopravviveva bilanciando con altri appalti e col fatto che non pagavi appunto i contributi dei soci.
Poi le aziende fornitrici, che erano due, hanno preso due strade diverse: una ha figliato in Romania, l’altra no.
Ora so che la prima regge ancora, la seconda, dopo anni di cassa integrazione, ha dichiarato fallimento. La cooperativa di mia sorella che ha sostituito la mia avanza tremila euro che non vedrà più. E vabbè.
Ma leggere delle griffe che pagano così di merda mi ha proprio lasciata di merda e quanto vorrei essere meno ignorante per capire a fondo il perché. Siamo proprio così rovinati?

La parte sul ciclo della droga invece già la immaginavo, niente di nuovo.
Non che il libro di Saviano abbia bisogno della mia testimonianza, ma io ho avuto l’onore di esserci a Secondigliano. Ci sono davvero file di auto in coda di gente che va a comprare la droga, come fossero in coda al casello autostradale, in una zona completamente franca, in mezzo a file di palazzi.
I pusher stanno alla destra e alla sinistra dell’auto. Si aprono i finestrini, bustina bianca per la cocaina, bustina rossa per l’eroina e per l’insulina c’è la vecchietta settantenne al secondo piano, a qualsiasi ora. Un altro mondo? Ma no, semplicemente una merce particolare.
Anche la scelta da parte del Sistema di mettere sul mercato la cocaina a prezzi popolari accessibili, anche quella la immaginavo come descritta.
La coca apparentemente non è una droga devastante come l’eroina e copre un vasto mercato trasversale, quindi è un prodotto migliore. Anche perché la distribuzione del metadone, un progetto cosiddetto a bassa soglia in gergo sociale, ha effettivamente ottenuto l’obiettivo prefisso, quello del contenimento del danno.
Non ci sono più gli zombies in astinenza che derubano chiunque passi loro sottomano e che alle sei del mattino vanno in cerca dei pusher perché già stanno male.
Anche San Salvario è cambiata sotto quest’aspetto.
Anni fa, camminando per il quartiere, ogni due passi potevi incontrare un maghrebino che ti guardava e ti chiedeva "A posto?".
Alle sette del mattino già iniziava il commercio. Oggi no, non esiste più la domanda.
I tossici dormono tranquilli i loro sogni, con la loro dose di metadone. Al massimo, se proprio vogliono farsi una pera, perché manca loro il rito del buco, o della storia di per sè, escono di casa alle cinque della sera e hanno anche il potere di contrattare il prezzo, che è sceso vertiginosamente, trenta euro un grammo se va male.  

Anche il disprezzo verso i Visitors, gli eroinomani, descritto nel libro, non è cosa nuova.
Visitors, i mangiatori di topi. Sono la gente che puoi fare morire, li puoi usare come cavie per sperimentare una nuova sostanza da taglio, e se va male puoi rianimarli tirandoci calci sullo sterno.
Anche Saviano non ci va leggero, li descrive proprio come disperati.
D’altronde..se l’immondizia vera che invade Napoli è l’emblema di quella che la pervade, gli eroinomani potrebbero essere l’immondizia vera della società.
"Per Elisa" non è solo una bella canzone di Battiato.
Con l’eroinomane se ci togli la roba ci puoi anche ragionare, ma quando si fa è proprio una testa di minchia, andandoci leggeri.

E dunque..Remedios, tú cantas esperanza 🙂
Riscoperta da poco anche questa canzone, dritta dritta dai ricordi dei miei settanta, rapita dal ritmo e dalla voce di lei, credo sarà il mio tormentone per il prossimo periodo.
La vita ti regala sempre qualcosa. Voglio sapere qualcosa di più su Gabriella Ferri.
Ciònondimeno.

Remedios, niña pequeña,
chiquita, hermosa, preciosa
Linda niñita quedada así,
sentada en la orilla del mar
y las manos llenas de perlas
el sol en tu frente y en la sonrisa
blanca orquidea, alma y paloma
y la alegría, tú cantas consuelo,
tú cantas esperanza, tú canto remedios

Lalalalala, lalalalala!

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Incontri

                                                        Sono di nuovo in libreria.
Non sto lavorando e in attesa di giugno, mese in cui partirò per un breve non-viaggio introspettivo, riempio i vuoti leggendo.
Leggere, nutrire la mente, è una delle poche cose che non ti dà la sensazione di perdere tempo, dicono.
Davanti a me le ultime novità letterarie. Anche quella di uno scrittore torinese di 24 anni, un libro intimista che parla di sci e di una sorella handicappata.
"Che in realtà sarebbe lo zio quello handicappato e non la sorella, noi la sua famiglia la conosciamo -mi dice la commessa-. Sta vendendo molto bene, piace a giovani e meno giovani".
Mmmm.. non mi convince, e poi ha la copertina rigida e A-ME-MI piacciono i tascabili con la copertina molle e comoda, che la puoi piegare quando leggi, che il libro diviene vissuto, quelle balle solite lì.

"Stella del Mattino" c’ha la copertina molle, però io i Wu Ming proprio non ce la faccio.
I loro titoli sono sempre molto accattivanti, e credo anche i contenuti, ma non sono mai riuscita ad andare oltre le prime pagine. Troppo testosteronici, troppo maschili per la mia sensibilità. Come vedermi un poliziesco o un film tutta azione, non mi ci trovo, questione proprio di gusti. Come andare ad uno spettacolo di lirica, piuttosto che al concerto di Bonnie Prince Billy. Troppo faticosi per quello che io voglio da un libro.
Non mi dimenticherò mai quell’amico che mi raccontò di essersi addormentato per ben tre volte nel vedere "Matrix" sul grande schermo. Il suo corpo proprio non ce la faceva e glielo diceva in tutti i modi, ma lui non si rassegnava, doveva vedere Matrix, perché uno non può non averlo visto in questa vita.
Io non sono così, se un libro non mi scorre, se mi ritrovo a leggere e rileggere dieci volte lo stesso paragrafo perché non mi coinvolge, semplicemente lo chiudo. Non fa per me, o io non faccio per lui.

Rimetto "Stella del mattino" al proprio posto, intanto entra una coppia.
Con disinvoltura lui inizia a prendere libri qui e là, controllando l’elenco da un ritaglio di giornale. Sembra un insegnante, o uno scrittore, o semplicemente un appassionato, non so. Di sicuro ha più soldi di me, visto il numero di libri che impila sul bancone in un nanosecondo. Riesco a scorgerne uno su You Tube, gli altri non me li ricordo :).
Lo guardo, mi sembra una faccia conosciuta, veste casual, giacca a quadri e pantaloni verdi.
Mi sorride e ricambia il mio sguardo, forse ha notato che sono incuriosita.
Si avvicina e sfoglia alcuni libri accanto a me.
Vorrei chiedergli se ci siamo già visti da qualche parte, ma una sorta di pudore mi trattiene e mi allontano. Lui inizia a discutere con la proprietaria e con la commessa, con il tono di chi cerca di coinvolgere altra gente nella discussione, in questo caso io, che ci sono solo io.

"I giovani di adesso, com’è la situazione qui, leggono?"
"Onestamente no, se comprano un libro lo fanno ancora con un senso del dovere, perché devono studiare".
"Si, oramai, triste dirlo, internet e televisione la fanno da padrone. Pensi che io ai miei figli regalo dieci euro per ogni libro letto".
"Ha sentito di quel giovane che alla domanda su chi fosse Aldo Moro rispose che era un cantante?"

"Ma chi cazzo è questo qui" mi dico.
Quando qualcosa non mi torna alla mente, quando ce l’ho, come si dice da queste parti -sulla punta della lingua- che sia il titolo di un film, il nome di un paese o qualsiasi altra cazzata, io rischio di sbroccare. Ricordo una notte che non riuscii a prendere sonno per ore perché non mi ricordavo il nome del terzo dei Re Magi.

Aspetto che la coppia esca, mi avvicino alla cassa. La curiosità diventa sfrontatezza e chiedo "Scusi signora ma quel signore, non so se sia una mia casuale vecchia conoscenza o se è una faccia conosciuta".

"Si, è un politico. E’ Altissimo".
"Grazie, scusi l’invadenza e buonasera"

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Xenofobia

Piove. E’ la giornata giusta per indossare un maglioncino di cotone
bianco, quelli che usi un paio di volte l’anno perché prima fà troppo
freddo e poi troppo caldo. Prima di uscire apro la finestra per
arieggiare. Di solito è chiusa; le urla internazionali che arrivano dal
campetto di calcio che sta di fronte sono dannatamente invadenti. Alla
finestra vedo il rito solito del ragazzino arabo: con la
tunica bianca lunga fino ai piedi è inginocchiato a terra e prega.
Ridicolo ai miei occhi, come ridicolo è il prete cattolico, che vestito
di viola incensa la bara del morto al funerale. E come ridicole sono le
"nostre" preghiere: Ave o Maria, piena di grazia. Salve o Regina, madre
di misericordia. Padre Nostro che sei nei cieli. Angelo di Dio, che sei il mio custode.

Fumare le canne mi riempie di paranoia, mi rammollisce e mi fa mal
di denti. Ho smesso da tempo, ma a 16 anni mi faceva ridere. In
seguito avrei apprezzato erba e hashish per certe intuizioni che
normalmente non riuscivo a cogliere, oppure perché mi sembrava di
strimpellare meglio la chitarra, ma allora ridevo e basta. C’è sempre
un amico con cui riesci a ridere meglio e questa era Cinzia. Dalla
provincia, in macchina con amici, si rollavano canne dal pezzo di
fumo che non poteva mai mancare e si arrivava a girovagare per Torino la notte. Noi due sedute dietro, poche parole, gli Ultravox nello stereo
mangiacassette, sguardi al finestrino. Poi gli altri scendevano per
una birra in un locale, mentre noi preferivamo rimanere sedute a goderci
lo sballo di ridere. "Teh, ma se Padre Nostro esistesse
davvero, ti rendi conto di quante risate si farebbe a guardarci dall’alto dei cieli?"  "Immaginalo che ci guarda, come stasera che ci siamo
persi per Torino, ahahahah!" "Ahahahah si! Lui che vede la nostra mini
rossa che vaga per le strade" "Ahahaha sì! Vede la macchina piccola come un puntino e dice ecco questi qui se la sono comprata
rossa, piuttosto che lunga e grigia con il marimittone, ahahahah!" "E
quando ci vede salire sugli aerei? Guarda questi deficienti che si sono costruiti l’uccellone per volare, ahahahha".

Esco,
continua a piovere. Passo per il mercato di Piazza Madama, mi
servirebbe il solito reggiseno che non trovo, provo a cercarlo e
intanto infilo in tasca una mutanda carina, a fiorellini. Una sola, mai
esagerare. Entro nel mio market cinese preferito. Sozzissimo, un odore
pungente, sembra frutta marcia o piscio, forse è il piscio all’angolo dei cani e della gentaglia che si compra lì la lattina di birra
sottocosto. Una sola telecamera piazzata in un angolo non dovrebbe
riuscire a riprendermi mentre nell’altro angolo infilo in borsa la
crema colorante Garnier per ricoprire i capelli bianchi. Chissà se mi vorrebbero condannare a morte se e quando mi beccheranno, o semplicemente chiederanno l’aiuto delle
istituzioni italiane.

Chissà cos’è, mi chiedo intanto che sono alla cassa per pagare il chilo di patate, che mi fa piangere mentre guardo una madre che ha scelto di rendere pubblico il suo dolore per il figlio ammazzato vent’anni prima dalla Banda della Uno Bianca, in uno dei programmi più beceri per casalinghe di Voghera (o Moncalieri). Spettacolarizzare il dolore per ricordare la memoria del figlio, per rivalutare il valore di una vita, è davvero cosi becero? No, perché ci piango. E allora se piango per questa madre, mi chiedo intanto che il cinese mi porge lo scontrino, qual è quel sentimento che mi fa pensare, quando guardo al TG i morti per il terremoto: "20.000/50.000 morti. Una tragedia? Beh..sono più di un miliardo, quindi facendo le proporzioni..tutto è sempre relativo". Mi manca il senso del valore della vita umana? La cifra è troppo alta? Deve essere, come dice mancoprecario, troppa TV, ma se l’alternativa è leggere Il Manifesto, cosa cambia?

Passo al bancoposta, mi hanno accreditato in ritardo l’ultimo stipendio. Decido di spendere quei quattro euro che per ora mi restano, senza pensare a affitti, spese e bilanci. Tanto in questo periodo sto aspettando e basta. Alcuni progetti futuri sono così lontani che a pensarli ora mi sembrano stanchi e già vissuti. Tanto la ruota gira, un po’ come l’allarme rom. Un tempo qui era "non si affitta ai meridionali". Ora al posto dei calabresi e catanesi ci sono gli albanesi, i quali sfruttano i maghrebini, che odiano gli africani. Entro in libreria, assaporo i profumi. Troppe telecamere, poca gente.  "L’ottava vibrazione", e pago.

 
 
Tell me trou
Tell me why
Was Jesus crucified
Is it for this that daddy died?
Was it for you?
Was it me?
Did I watch too much t.v.?


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Prolegomeni a una sociologia etica del blog

Sciao!
Sarò bEve.
Debbo fare in fretta, perché Lei è in un momento di disoccupazione, stesa sul sofà, rincitrullita dai Cluster e da XFactor, e ogni tanto, colpita di legittimo suspicione, mi rivolge lo sguardo.

Uno studio sperimentale sulla noia ha constatato estese turbe del comportamento, quando il cervello, in un non-luogo dove non accade mai niente di niente, è incapace di mantenersi al livello medio di eccitazione necessaria al suo normale funzionamento.
Credo di essere nato per questo.

Intanto sono troppo nero e mi sento uno sfigato e fuori moda.
Avrei voluto essere tutto bianco, come tutte bianche sono le celebrità, qui.
Ho anche pOtestato, ma Lei va ostinatamente controcorrente, così solo per il gusto di farlo.

Poi che cazzo di nome. Io lo volevo taliano, o se proprio esterofilo doveva essere, almeno spagnolo, CaetanoVeloso, sentite che bel suono.
Invece l’ha scelto nientemeno che francese e a questo punto preferivo chiamarmi Chanel Totti.

Sono PourLesAnalphabètes, ma per favore chiamatemi PourLes, che PourLesAnalphabètes è anche troppo lungo e la gente dopo aver letto il mio nome già è stanca.
Anzi se avete consigli per un altro diminutivo, che non sia Anal, dite.

Scappo, Lei è disorientata, hanno eliminato i Cluster e non se lo spiega, meglio chiudere.
A pEsto

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Pillolina

La mia stanza si affaccia su Via Ormea angolo Via Pio IX e dalla mia finestra vedo le finestre di una comunità per minori stranieri, gestita dai Salesiani. Le scarpe da ginnastica allineate sui davanzali, scorci di letti a castello e corpi a metà che ballano una musica a tutto volume. Alla sinistra un cortile per giocare a calcio, sempre affollatissimo.
Via Ormea poi è anche la via delle puttane storiche di Torino. Non sono tossiche, né slave o rumene, quelle stanno in Corso Massimo, la parallela dopo. Sono le ultime lucciole italiane da marciapiede, che passano la giornata nel loro angolo. Molti i travestiti che salutano con un "ciao cara". Conoscono tutti, controllano tutto. Sono l’ordine nel disordine, la legalità nell’illegalità. Non ci sono furtarelli di borsette in Via Ormea. Non si spaccia in Via Ormea. Questa è zona delle puttane.
Per l’eroina dei nordafricani devi andare in Via Berthollet, un paio di traverse più in là, per la cocaina dei neri, in Via Baretti, due parallele dopo.
Se invece ti sposti in via Nizza, lì ci sono le puttane arabe. Senza il velo, con i jeans a vita bassa che fasciano i loro culoni, stanno sotto i portici o appoggiate ai portoni. Le senti dire "andiamo bello" al pensionato che è in cerca di sesso, oppure urlare come pazze perché stanno litigando fra loro.
Nel quartiere market cinesi, parrucchieri nigeriani, negozi di abbigliamento etnico, sarti senegalesi, macellai arabi, kebab, vecchie piole piemontesi, sedi di associazioni per l’integrazione culturale, per le donne straniere, locali per gay, western union, rivendite di schede telefoniche abusive.
Una pizzeria "Il ritorno dei Savoia" ha un che di fatiscente e nostalgico.
Sembrerebbe un qualsiasi altro quartiere, come Porta Palazzo, regalato agli immigrati. (cioè, regalato mica. Volevo metterci un po’ di poesia. Semmai venduto a caro prezzo con affitti alle stelle, cercate di capirmi).
Ma al mercato che vive ogni mattino l’agorà di Via Madama Cristina, ecco spuntare le vecchie famiglie piemontesi che vanno a comprarsi la rucola selvatica e la valeriana della Val Susa, il formaggio stagionato di Sampeyre e le nocciole delle langhe. Mentre la notte gli studenti riempiono i locali di tendenza e si respira un profumo di avanguardia che è solo torinese.
Sarà per quest’aria multietnica che i quattro canadesi alternativi incontrati ieri erano così affascinati mentre entravano in un internet point sgangherato e minimalista, uno dei tanti, gestito da un collettivo africano.
Lo ha scritto anche La Stampa che gli stranieri venuti qui per la Fiera del Libro sono affascinati da San Salvario. Anch’io, nonostante tutto.
Ma oggi che proprio qui in Via Madama Cristina, c’era il corteo, io me ne sono tenuta lontana. Ho solo respirato i rumori e qualche vigile che delineava il percorso e le zone rosse.
Sono andata dalla parte opposta della città e l’ultima cosa che desideravo era vedere un’altra manifestazione.

Bruciare bandiere.
Tipico della sinistra quello di lanciare messaggi ambigui per poi essere costretti a cercare di spiegarli con fiumi di pagine di parole parole parole, più o meno intellettuali e più o meno alla portata di tutti.
"Intanto quello di bruciare qualcosa, anche se sembrerebbe violento, non lo è perché di fatto non è violento perché è solo un’azione dimostrativa, una metafora nell’immaginario collettivo, infatti noi bruciamo la bandiera perché la bandiera è un simbolo, pero’ noi non vogliamo bruciare Israele, ma solo il suo Stato, che è entità altra dal popolo, è difficile spiegare il concetto di Stato Nazione, noi in realtà vorremmo bruciare tutti gli Stati, e se non fosse che il popolo palestinese è quello oppresso, noi ci bruceremmo anche la loro di bandiera, ma non possiamo farlo sennò voi non capireste nulla, invece dovete capire che bruciamo solo quella di Israele perché è lo Stato oppressore, e i palestinesi alla fine hanno anche loro diritto al loro Staticino, ma solo perché messi alla fame da quello di Israele. Quindi noi, dicevamo, non vogliamo lo Stato perché siamo di sinistra, anche se oggi sinistra è un concetto vuoto, ma non siamo di certo di centro sinistra, tantomeno di quella estrema istituzionale, traditora e opportunista, noi siamo comunisti veri. Ma non siamo di certo come quel comunismo reale di Stalin o Mao, noi in realtà non vogliamo lo Stato, sapete quella storia dell’estinzione dello Stato, come dicono i comunisti libertari di Marx e Engels rivisti da Maximilien Rubel. Ecco il comunismo libertario, una sorta di anarchia, ma non l’anarchia che intendete voi, con l’accezione negativa che si legge sul dizionario Paravia on line, non il disordine totale, ma l’anarchia di Bakunin, della Rivoluzione Spagnola, non l’anarchia individualista che è un po’ destroide, ma quella collettiva..Ecco, questo è il messaggio che vogliamo trasmettere quando bruciamo la bandiera di Israele"

Io credo che alla Palestina ci abbiamo (anzi ci avete, va) portato un po’ sfiga.

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