Give me just one more night

(post in continuo aggiornamento, Marisa svegliati e abbracciami, e’ stato un sogno fortissimo)

alter ego:

trollina, dammi almeno qualche motivazione per cui vuoi scappare da Manchester e tornare in Italia, che, lo sai, quando sarai in Italia vorrai scappare da li e tornare a Manchester.

trollina:

Voglio scappare perche’…gli inglesi non sciacquano i piatti, ed io sto prendendo le loro cattive abitudini, non mi va, non mi va, non mi va. Capito? Succede che quando sono stanca, dopo aver cucinato, faccio la gnorri e non sciacquo i piatti. Io, che ho ho sempre fatto la dura su questo argomento e che sfottevo! Io che facevo la schifata quando vedevo il mio amico che non sciacquava i piatti. Lui mi diceva..ma..qual e’ il problema? il detergente e’ organico..Ed io ci dicevo, allora fatti un drink. Capito? Ora rischio di non sciacquarli neppure io!!

alter ego:

vabbe’, smettila con le cazzate, dammi un’altra motivazione..

trollina: 

Succede che vivo in un flat che ha un corridoio strettissimo, un bagno stretto piu’ del corridoio, due stanzine del cazzo e una living room che non uso mai. E ci stanno due cagnoni enormi. Lui, Merlin, e’ una roba pregiata di razza germanica, non so dirti quale razza e non mi frega di saperlo, ma so solo che mi arriva alla pancia, tutto bianco, pelo lunghissimo. Ci stiamo sul cazzo. Lei, Lady, e’ piu’ o meno della sua misura, ma e’ piu’ selvaggia e maron e ci vogliamo bene, dorme nella stanza con me. Solo che, quando la mattina esco dalla stanza, inciampo nei cani nel corridoio. E quando metto a lavare la mia roba in lavatrice, esce tutta piena di peli di cane. Capito?

alter ego:

si, si ho capito, ma datti una calmata e continua

trollina:

Succede che qui gli inglesi non hanno il mixer nel bagno! Hanno il rubinetto per l’acqua calda e quello per l’acqua fredda. Ed io, che ci ho i capelli lunghi, e che li lavo solo una volta la settimana perche’ lavarli e slegarli e’ lavoro faticoso, devo usare una specie di brocca. E tutte le volte o mi ustiono il cuoio capelluto o mi congelo!! Capito??

alter ego:

capito. altro?

trollina:

si. the weather. e’ una shit. Oggi mi sono svegliata e la giornata era splendida. Il soleeeee!!! Quarto giorno di sole dal 18 aprile che sono tornata qui! Doccia, capelli, canotta da un pound, quella che uso per dormire, che oramai mi vesto alla cazzo come gli inglesi, felpina estiva ed esco a fare qualche cosa che mi serve. Cammino, non prendo il bus come al solito ma muovo il mio culo. Ho preso pure la buona abitudine di camminare, e arrivo in Oxford Road, nel negozietto che mi piace e compro quello che mi serve. Un minuto e il cielo e’ completamente grigio, pioggia pioggia pioggia. Tutti aspettano nel negozio che si calmi la pioggia, ma io non ho pazienza. Chiudo la cerny della felpa, mi tiro su il cappuccio sui capelli APPENA LAVATI E PROFUMATI e mi incammino. Peccato che la mia felpa, non so perche’, e’ fatta che ha un buco sotto il cappuccio, e tutta la pioggia mi entra violentemente nella schiena. Finalmente arrivo a casa. Smette di piovere e rispunta il sole. Capito????

alter ego:

altro?

trollina:

il cibo. lo sai anche tu no? ieri alla mensa hanno cucinato la carbonara ed era cosi presentata: gli spaghetti scotti e sconditi tutti appiccicati da una parte, e il sugo, una roba con latte liquido  e prosciutto a pezzettini dall’altra. Senza sale. Lo sai che qui non usano il sale che fa male, no, lo sai???? Pero’ vai di uova pancetta e patatine fritte a colazione! E la verdura, ti servono i peperoni interi e le foglie di insalata cosi, senza niente. Ma io non sono mica una capra, come faccio a mangiare quella roba li’ senza il mio olive oil. Non chiedo troppo, voglio un po’ di sale, un po’ d’olio, la mia frittatina di porri, capito?

alter ego: 

si, lo so, fatti un panino piuttosto. altro?

trollina: 

La mia temporary agency. Ieri ho visto un tipo che beveva il the in una tazza con su scritto il nome della mia agenzia. "Taskmaster, skills when you need". Gli skills sarei io, capito??? E questi fanno le tazzine col mio sudore, con la mia schiena a pezzi. Le tazzine, capito?? 

alter ego:

si, si, ho capito. Potresti almeno fartene regalare un paio. Ma…tutto qui?

trollina:

No, oggi mi ha scritto il college che accettava la mia iscrizione. Prima mi avevano detto che in estate non ce n’era, eventualmente, se proprio vuoi, waiting list e di andarmene affanculo, al che ho previsto il mio rientro in Italia in estate. Ora mi scrivono che posso. Ora, che ho prenotato il volo per l’Italia l’8 di giugno. 

alter ego:

beh, rinuncia all’Italia

trollina:

col cazzo. Please, give me just one more night 

 

 

 

 

  

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Noi, se si muore solo un po’ chi se ne fotte..

E si rida poi sul come andra’ a finire..

PuTTanate inenARRabili.

Da cancellare.

Cancellate. Lascio solo

la foto e la citazione di

Guccini che quelle

meritano

 

 

CANCELLARE E’ BELLO

RINNEGARE ANCORA DI PIU’ 

 

 

 

"Lo capisco se mi prendi per le mele,
ma ci passo sopra, gioco e non mi arrendo,
ogni giorno riapro i vetri e alzo le vele, se posso prendo,
quando perdo non sto lì a mandar giù fiele e non mi svendo
e poi perdere ogni tanto c’ ha il suo miele
e se dicono che vinco stan mentendo

perchè quelle poche volte che busso a bastoni,
mi rispondono con spade o con denari,
la ragione diamo e il vincere ai coglioni, oppure ai bari,
resteremo sempre a un punto dai campioni, tredici è pari,
ma si perda perchè siam tre volte buoni
e si vinca solo in sogni straordinari…"

 

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Black Velvet

Certo che gli inglesi sono strani. Non sono ancora riuscita a capire se siano tronfi o talmente insicuri da..Certo Freud direbbe che se sei tronfio sei insicuro, e se sei insicuro sei tronfio. Ma Freud, oggi, 2007, scassa pure un po’ le palle, quindi..boh.

Sabato scorso vado in un pub a vedere musica dal vivo. Avevo l’invito, lasciatomi dal tipo che abita di fronte a me, che qui sono tutti mezzi artisti (sfigati, direi io) e che suona la batteria. Andiamo a vedere ‘sta roba. Mi accompagna il mio coinquilino, un inglese, che mi sta offrendo casa senza lira, solo to share le spese base, gas, luce, e non so perche’ lo faccia. Lui ha il benefit house, quindi non paga affitto al comune, e dice che una sera che siamo andati al cinema con amici, vedendomi stesa con le gambe sulle poltrone, gli sono stata simpatica. Per questo ha deciso di ospitarmi e di non farmi pagare. Vabbe’, che devo dire io? Gli ho detto un paio di volte che mi sarei sentita piu’ a mio agio nel pagare the rant, ma non ne ha voluto sapere. E sia. 

Entriamo nel pub. C’e’ un tipo che canta e suona chitarra. Bravino, entro e mi piazzo a vederlo. Lui canta, mi guarda e mi sorride. Canta, mi guarda e mi sorride. Boh..me la tiro pure, a me i chitarristi sono sempre piaciuti, sono figlia di un chitarrista e l’Edipo e’ quello che e’. Mi siedo su una poltrona e il mio coinquilino in quella di fianco a me, la musica on live e’ alta, il tipo suona e canta, e ci si scruta a vicenda. Vedo il drummer che mi ha invitata, lo saluto, ci dico hey ci sono, lui mi dice suono fra un po’. Il chitarrista finisce la sua esibizione, e’ il turno del mio amico/vicino di casa. Io sto sempre sulla poltrona, la musica e’ una sorta di punk fresco, il volume e’ di quelli che devi urlare per parlare, quindi ascolto e mi faccio i cazzi miei con una birra. Ma il chitarrista mi si avvicina e inizia a baccagliare. Io ci dico che parlo poco inglese perche’ sono italiana. Ohhhhhh di dove? Turin. Tutti gli inglesi, quando sanno che sono italiana, mi chiedono di dove, ma nessuno di loro conosce Torino. Cioe’ qualcuno sa che esiste Torino per la Juventus, ma nessuno sa dove si trovi. Loro conoscono solo Florence and the Tuscany. Devo fare sempre lo schemino, qui c’e’ Milan, qui Venice, qui the France e qui Turin. Vabbe’ invece il chitarrista la conosce. Che caruccio. Mi piace. Dopo un po’ mi si avvicina una tipa carina, parlottiamo un po’…e’ la moglie. Capito. Parla con me per evitare che lui baccagli. Lui mi scade in un nanosecondo sotto le scarpe, e lei..boh..mi piace. E’ coraggiosa, si difende. Complimenti. Io se fossi sposata con un tipo cosi lo manderei a cacare dopo trenta secondi. Ma lei si difende, e lo fa pure in modo intelligente. E forse ha ragione lei, e’ cosi che si deve fare nella vita, arrendersi subito e’ da sconfitti. Ma io no. Io piuttosto sto sola. Comunque, do’ retta a questi due per quasi tutta la serata e prima di uscire li bacio entrambi sulla bocca, sono cosi carini, lui cosi’ bastardo, lei cosi forte.

Fuori dalla porta il mio coinquilino si scatena in una scenata. "Che cazzo siamo andati a fare insieme al pub se hai parlato tutta la sera con altri?" Io resto di merda, davvero non capisco. Che cazzo ho fatto di male? la musica a manetta, che cazzo vuoi che parlo con te che ci parliamo tutto il giorno, e poi questi due mi sono piombati addosso. Ma lui e’ nero. Continua "E non l’hai capito che quella ti parlava solo per to keep you out?" "Si che l’ho capito. Non sono scema, e ho pure la mia eta’" Ma lui se ne va e mi smolla in Moss Side, il quartiere piu’ di merda che ci sia in Manchester, di notte. Che faccio? Rientro, cercando di ricordarmi la strada e sperando, se do retta alle voci, che non mi accoltellino. Incontro due tipi, neri, che mi chiedono cazzo ci faccio sola li’ e mi accompagnano per un tratto. Penso che allora il mio coinquilino e’ proprio bastardo. Arrivo a casa. Lui e’ sotto con i cani e sorride. Ci dico "leave me"..mai l’avessi detto. Scateno la sua rabbia, mi spintona, mi spintona cazzo, sto bastardo, mi prende le chiavi dalle mani e mi dice fuori di casa mia. Io ci dico sei solo un geloso di merda, e lui urla e sembra un pazzo, e mi dice io sono solo tuo amico, non sono geloso di te, e tu ora stai fuori di casa. Cazzo che bell’amico. Fuori di casa. Mi rassegno e mi siedo con la schiena appoggiata ad un muro qualsiasi nella notte, pensando che sono rovinata e che se il mondo ce l’ha con me e’ colpa mia, solo colpa mia. Non riesco neppure a piangere. Dopo un po’ lui torna e mi dice vieni su. Io torno su, senza parole, perche’ voglio un letto, voglio il mio letto. Poi, una volta a casa gli urlo come cazzo si permette di levarmi le chiavi, che se non mi fa pagare l’affitto che io voglio pagare non e’ colpa mia, che gli ho chiesto un sacco di volte di pagarlo, che e’ un pezzo di merda e che non puo’ sbattermi fuori cosi solo perche’ ha i cazzi girati perche’ non ci ho parlato nel pub. Che cazzo. 

L’indomani torno dal lavoro e lui sta cucinando per me. Un agnello. Sorride e tutto e’ per fortuna dimenticato. Io sono stanca, mai avrei voglia di tornare sul discorso e non so che pensare..se sono io quella sbagliata o no. Ma sono stanca.

 

Lei e’ Alannah Myles e non Bonnie Tyler, molti la confondono o l’hanno dimenticata. O si e’ fatta dimenticare. Non so, ma non so rinominare gli mp3

 

 

 

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Mancunian Hotels

Nell’agenzia interinale dove lavoro ho a che fare con due tipi, Scion e Gion. Uno e’ biondo, grassoccio, panzuto, il classico inglese, l’altro invece e’ un neretto niente male, che conosce qualche parola di italiano. All’inizio il biondoccio con me era piuttosto sulle sue, freddino e visibilmente diffidente, soprattutto quando una domenica gli feci pacco e non andai a lavorare dove avrei dovuto. Ero stata male come un cane la notte e avevo potuto avvisarlo della mia assenza solo alle sette del mattino dopo. "I’m sick, sorry". Ma siccome qui il sabato si ubriacano tutti come maiali e la domenica si alzano rovinati, credo avra’ pensato la stessa cosa di me. Anyway, I don’t care. Io stavo male davvero. Onesta fui. Poi, mano a mano che continuavo a lavorare per loro, il biondoccio, tale Sean, iniziava a prendere confidenza. "Hello darling, you’re ok?" mi diceva la mattina quando entravo in ufficio. "Yeah, i’m fine, thank you" rispondevo io. Ieri l’altro, di ritorno dal lavoro, passo in agency per consegnare il mio timesheet/shit. Entro, saluto e Sean mi dice "I love you". Vabbe’ lo so che non sono male, ma addirittura ora questo mi ama. "Why"? gli chiedo. Il neretto, tale John, si intromette e mi dice "ti ho mandato un text message, non l’hai letto?" No, non l’ho letto. Con il mio ipod nelle orecchie 12 ore su 24 non sento il cellulare. Apro la borsa, prendo the mobile e leggo il suo messaggio "Ciao bella, you made a good impression, they like you come back, if you want, tomorrow, same time John". Capito. Il biondino mi ama e l’altro mi scrive ciao bella perche’ gli ho fatto fare bella figura nel nuovo hotel con cui lavorano per la prima volta. Hanno mandato me come testimonial e ho fatto vincere loro l’appalto. Devo esserne orgogliosa, cazzo. Sono diventata una campionessa del cleaning. Quando voglio primeggiare io ci riesco, in tanti campi. Cazzo, primeggio nelle pulizie. Ne ho fatta di strada. E so anche perche’ qui primeggio: e’ la rabbia. Tanta rabbia per me, in questo posto che mi sembra sempre piu’ di merda, con questo tempo di merda, con questa gente che mi sembra sempre’ piu’ fuori di testa e ipocrita e con questo unico lavoro che riesco a fare qui: pulire stanze negli hotels, sfruttata fino al midollo. Sono incazzata nera, e sto semplicemente dando retta a qualche saggio amico, che anni fa mi consiglio’ di usare la mia aggressivita’ in positivo. Ah si? Mi tratti come una bestia? Ti devo pulire la stanza in mezz’ora? devo farne 17 al giorno? Io ti sputerei in faccia, ma non posso e allora io queste stanze te le pulisco in venti minuti, e non ci lascio neppure un pelo nella tua cazzo di room, pezzo di merda. Ed e’ cosi che sono diventata campionessa di cleaning. Sono famosa, gli hotels chiedono di me  quando chiamano l’agenzia. "Lovely italian woman" dicono. Vabbe’, io mi conosco. Fa passare un po’ di tempo e poi saro’ molto meno lovely. Funziona sempre cosi. E dicono pure che di italiani qui, a fare questo lavoro, nell’agenzia e negli hotels se ne sono sempre visti pochi, diciamo zero. Fico. Sono sempre la solita diversa. Ma e’ drammaticamente vero. Ci sono solo polacchie qui. E parlano solo polacchio. Che palle. Per carita’, tutte carinissime, ma nella pausa pranzo quanto le invidio. Come vorrei ci fosse un’italianina con cui parlare italiano mentre mangio e fumo. Mi sento cosi’ sola spesso.

Quando arrivi nell’ hotel la mattina c’e’ il meeting con the manager. Appello, si’ si’ ci siamo tutti. "Grazie a tutti voi per essere qui" ci dice the manager. "Cogliona", penso io "dobbiamo mangiare, siamo qui per questo, cazzo ringrazi, che se potessimo correremmo tutti lontano". Meeting, elenco dei problemi e dell’organizzazione della giornata. Qualcuno e’ malato, manca personale. The manager mette un tipo spagnolo che fa manutenzione a pulire le stanze. The manager lo ringrazia pubblicamente. "Thank you for your help". "Cogliona", penso io, "se ti dice di no lo licenzi, ma che cazzo lo ringrazi, mica ti fa un favore, e’ obbligato". Sono cosi’ stanca di questa ipocrita formalita’ inglese. Meeting e presentazione del JOD, il lavoretto extra del giorno, che ti tocca fare oltre alle tue 17 stanze. Robe tipo pulire le piastrelle a fondo del bagno, spostare il letto e passare l’aspirapolvere, lavoretti leggeri.. "Oggi the JOD e’.. rivoltare i materassi. Tutti noi lo facciamo a casa, no? E’ necessario girare il materasso" dice the manager. "Si, ma, bastarda che non sei altro" penso io "nelle mie pulizie di primavera io giro UN materasso, non venti". Per fortuna non so come dirlo in inglese e mi salvo in corner. A volte non conoscere la lingua mi aiuta a stare zitta e non fare danni. E per fortuna le "anziane" si rifiutano. A volte qualcosa di positivo succede. Ma intanto la bastarda ci ha provato. 

Pulire stanza e bagno, questo e’ quello che ci tocca fare in mezz’ora. Stanza: rifare il letto, cambio lenzuola e federe, i cuscini sono sei, tre grandi e tre medi, cambiare il copripiumone, quello in cui ci devi infilare il piumone dentro al contrario e bestemmi a manetta, a volte in una stanza ci sono tre letti, spesso due, spesso double, se sei fortunata single, svuotare immondizia, pulire il cestello e infilarci al fondo il bigliettino pubblicitario con il nome dell’hotel, spolverare tutto, ma proprio tutto parti alte, quadri lampade, parti basse, sedie mobili, zoccolini, porte e interruttori della luce, tutto tutto senza lasciare un filo di polvere, lavare due tazzine, due piattini, due cucchiaini, la teiera, svuotare l’acqua dal bollitore, controllare che ci siano quattro caffe’ istantanei, quattro decaffeinati, quattro the, due cioccolate istantanee, quattro zuccheri bianchi, quattro brown, quattro dietetici, otto milk, two biscuits, ed eventualmente aggiungerli, tutti esposti alla perfezione, lavare due bicchieri da vino e due da liquore, asciugarli perfettamente, che ti controllano i peletti in controluce, sostituire i sottobicchieri, controllare che ci sia la busta per il ghiaccio nel contenitore dell’acqua per il vino, controllare che nei cassetti non ci sia monnezza, controllare che nel cassetto centrale ci sia il cavetto per la connessione internet, controllare che siano tre carte da lettera e tre buste ed eventualmente aggiungerle, controllare che ci siano nell’armadietto gli appendini riposti in fila ed eventualmente aggiungerli, controllare che ci sia l’ordine per the breakfast e il "do not disturb" ed eventualmente aggiungerli, controllare che ci siano due block notes e due pens, e eventualmente aggiungerli, controllare che ci sia l’ordine per la lavanderia con busta ed eventualmente aggiungerli, passare l’aspirapolvere. Bagno: lavare e asciugare alla perfezione vasca doccia water lavandino specchio, lavare due bicchieri da acqua, sostituire i sottobicchieri, fornire di shampoo, balsamo, gel doccia, gel bagno, lozione per il corpo, sapone grande, sapone piccolo, lavare il portasapone grande, lavare il portasapone piccolo, mettiere ago e filo da cucito, showercup, carta igienica, due rotoli, strappare il rotolo e piegare la carta igienica elegantemente, portaassorbenti, cestino della monnezza da svuotare, metterci the binbag, lavare the floor a carponi con detergente, tre asciugamani grandi, tre piccoli da piegare con particolare attenzione e mettere su perfettamente, scendidoccia, the bathmat. Ma sicuramente ho dimenticato qualcosa. Hai diciassette stanze al giorno da pulire cosi, tenendo conto che devi prepararti il tuo trolley la mattina con tutta sta roba da usare, roba che diventa una cosa di ottanta chili minimo da trascinarti up and down per i piani dell’hotel, che se lavori al quinto piano, devi scendere al primo per fare rifornimento, che spesso the customers sono in stanza e tu magari bussi qui e la e inizi a pulire le stanze dopo un’ora. Una corsa contro il tempo, e il sudore sul tuo corpo.

Questo e’ quanto. Per 5.35 pounds lordi di merda l’ora. Non lo so, forse in Italia e’ la stessa cosa. Io non ho mai fatto pulizie negli hotels in Italia. Ma sono stanca e voglio tornare a casa 

 

 

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Il Capitale

Mi hanno detto, perche’ ovviamente non lo sapevo, che Friedrich Engels scrisse in un suo libro, che ovviamente-due non so quale sia, about the condition of the working class: gli inglesi e the poor irish people, qui, nelle fabbriche della culla della Rivoluzione Industriale che e’ stata Manchester, e proprio proprio proprio qui, nella zona dove vivo io. Che emozione. Ho subito scattato una foto emotiva al riguardo. Magari poi potrei scattarne pure un’altra alla biblioteca dove Marx scrisse Il Capitone, anche se il risultato e’ quello che potete vedere, mica ho la digitale, tengo solo un Motorola sfigato, di quelli che la Vodafone ti sconta coi punti delle ricariche. Cazzo. I punti Vodafone. Una pensa: che ficata, ci ho mille punti, posso farmi il mega telefonino quasi a gratis, aggiungendo solo un centinaio di euri, oppure posso farmi qualche bella promozione, chiami tutti quelli che vuoi, Tim, Wind, fissi, a costo zero per sei mesi, paghi solo lo scatto alla risposta! Poi il telefonino e’ sempre sfigatissimo, di quelli che devi fare mille passaggi per fare una foto sfigata, la promozione non e’ quella che ti avevano fatto credere, ma soprattutto pensi che mille punti sono mille euri regalati alla Vodafone. Altro che sistema bancario, qui siamo governati dal sistema telefonico (si dice cosi??).
Anyway, non volevo parlare di questo, ma volevo farvi una personale analisi, non proprio alla Engels, del Capitale.  E sia.
 

 
Dunque. In Italia siamo incazzati con le agenzie interinali? Facciamo bene, ma siamo un po’ arretrati. Ci incazziamo per cosi’ poco! E poi, tanto loro se ne fottono, progrediscono e avanzano. Capitalismo avanzato, agenzie interinali avanzate. Qui sono cresciute. Ora, facciamo finta che i poveri inglesi siano sempre i soliti poveri inglesi, mentre the poor irish people siano i polacchi, gli extracomunitari, i neri e qualche sfigato immigrato europeo e italiano, tipo me. 
Cerchi lavoro, devi lavorare. Dove provi? Nei ristoranti italiani, ovvio, che non siano troppo distanti da dove vivi, ovvio-due e provi da "Gio’ Gio’ The Italian Restaurant’" o da "Dongiovanni’s". Entri, con il tuo sfigato CV (a 40 sei tagliata fuori, volevo pure falsificare i miei dati anagrafici, togliermi un cinque o sei anni, che’ di piu’ non posso, ma sono fuori lo stesso, preferiscono i ventenni..) ripeti il ritornello, Excuse me, I’m looking for a job, could I speak to the manager, please? Yes, I’m. Minchia, ma e’ nero. Il cuoco e’ albanese e the waiters sono quasi tutti polacchi. Vabbe’ ci riprovero’ quando il mio english will improve eh..maybe..
Ho bisogno di soldi. Vado in un’agenzia. Ce ne sono un fottio, ad ogni angolo. Catering, cleaning. Vabbe’ compiliamo the form per una di queste. Finita la burocrazia mi dicono: presentati domani mattina alle sette e mezza, camicia bianca e pantaloni neri, please, cheers.
Minchia che efficienza penso. Mi fanno gia’ lavorare.
Mi presento la mattina e dormo sulla sedia fino alle 9, insieme ad altri dieci sfigati, tutti insieme, chi legge, chi dorme, senza una parola, tutti ad aspettare di poter lavorare quel giorno, magari all’altro lato della citta’.
Dopo le nove, nessuna chiamata, potete andare a casa, a domani. Bye, see you later. Thanks. 
Caporalato vero e proprio.
Se ti fai vedere che ti impegni, e che presenzi tutti i giorni, magari allora ti fanno il favore di chiamarti a casa la mattina alle 7 per dirti "Vuoi lavorare per oggi in tale posto?". 
The minimun wage, la paga minima sindacale (ma qui i sindacati manco esistono piu’), sono 5.35 £ lordi l’ora. E non convertiteli in euro che non vale. Qui una sterlina e’ come un euro da noi. Anzi, molto meno se consumi tabacco e alcoolici. 
 
 

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Waiting the bus

Che si puo’ fare aspettando il bus? (a Londra si dice bas, ma qui no, ovviamente, qui e’ come Londra fosse Roma e Manchester Torino. qui devi dire bos/bus cioe’ non so, devi fare una smorfia da scimmia per riuscire a pronunciarlo degnamente). Come "cheers". Ma perche’ dicono "cheers"?. Cioe’ tu vai al cinema e il tipo ti strappa il biglietto e ti dice "cheers" e poi subito dopo "thank you". Deciditi, o cheers o thank you. No? mboh. E tu dovresti dire anche cheers all’autista del bus. Qui, si usa cosi, ma io non lo faccio, costa troppo caro l’abbonamento, mi tocca pure ringraziare chi mi porta in giro controvoglia. Ma per favore. Comunque, che cazzo faccio mentre aspetto almeno quindici minuti il bus, che di sabato non passa spesso ed io non so mai l’orario esatto e quindi mi tocca di aspettare per andare a lavorare? Ti senti proprio una sottoproletaria ad aspettare il bas/bus/bos per lavorare. Almeno quando avevo l’auto mi sparavo la radio, passavo col rosso, mi sfogavo a guidare. Mi piace guidare, un casino, e sono anche brava, tranne quando mi addormento al volante. Ma ora non posso, ora devo aspettare il bus. Boh, leggere? ma va va, odio chi legge sui mezzi pubblici, che palle, che noia, che conformismo. Ascolto musica. Scatto foto al panorama. Ma fa schifo. Sono meglio io. E allora via, fotina per me. Particolare apprezzamento per le mie ditine, che dimostrano tutti i loro quarant’anni. Ah..tra l’altro spero di morire per i quarantacinque, mi dispiace per chi resta.

12 – Bonnie Prince Billy – The Letting Go – I Called You Back.mp3

 

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Una Perfezione Manicomiale

Gli spazi


 

Murato dentro lo Spazio Città lo Spazio-Manicomio, e dentro di esso nuovi  Spazi: viali, cameroni, soggiorni, gabinetti, gabinetti medici, cucine, uffici, corridoi. Concentriche partizioni che ove troppo vaste annientino e ove troppo anguste incarcerino. Lo Spazio del Manicomio sancisce una frammentazione, nega ogni possibile ricomposizione. Il degente diviene "corpo espropriato", l’istituzione psichiatrica razionalizza l’esclusione operata dalla Psichiatrìa e trasforma il soggetto della sua "cura" in puro ingombro volumetrico, il corpo del degente in suppellettile, assimilabile agli arredi del manicomio; innaturalmente, la malattia ed il suo corso divengono naturali. Il Manicomio è spazio per l’esclusione e quindi esclude da sè ogni luogo perchè nello spazio è consentito il controllo, mentre nel luogo fluisce la vita. Il potere partisce tutto il territorio in spazi: Spazi-Città, Spazi-Fabbrica, Spazi-Famiglia. Spazi-Malattia, Spazi-Follìa, ne indica le regole, ne contrasta le trasgressoni. In una metropoli uno Spazio-Centro degli Affari attraversato da un corteo di bambini che se ne appropri perde, per un attimo, le sue caratteristiche di spazio pre-definito, diventa, per un attimo, luogo definito hic et nunc. Il Manicomio è uno spazio predefinito per racchiudere la follìa e la miseria; è costituito da sottospazi predefiniti per normare la vita al suo interno. Spazio per dormire, spazio per essere curati, spazio per mangiare, spazio per fuggire gli spazi, inventando, ignari oppositori, luoghi miseri e dolorosi di privatezza, di amore, di trasgressione. Si è condotta e si conduce una lotta perchè ogni spazio dentro il Manicomio diventi Luogo e quindi il Manicomio complessivamente divenuto Luogo, sia contraddizione dentro la Città che resta Spazio. Dunque un procedere creando Luoghi, rubando Spazi, sostituendo al controllo la vita, rifiutando di viverla e farla vivere in spazi controllati. Ciò che dobbiamo leggere attraverso le immagini di questi spazi manicomiali, non è solo la sofferenza di chi li abita, ma soprattutto la violenza di chi li ha concepiti; dobbiamo leggere l’asservimento della Psichiatrìa all’ideologìa del controllo sociale, ma anche tutti gli asservimenti di ogni Sapere che più o meno consapevolmente aderisca al progetto evidente o miniaturizzato del controllo.

"L’uomo atomizzato, quindi, quando si guasta viene riparato in uno spazio deputato, definito, e rigorosamente separato dalle altre istituzioni -rinchiuse anch’esse in angusti "spazi",- di cui non capisce i più riposti significati…" Sergio Santiano "B come architettura Z come salute" Bertani 1980

Ciò che leggiamo negli anfratti più squallidi o nelle estensioni più anonime non è solo l’architettura dell’esclusione, ma l’architettura di ogni istituzione e forse, più generalmente di ogni Architettura che, parafrasando Franco Basaglia, non sente e non vede, ma semplicemente offre cattedrali al committente.

La folla


 

Fra l’universo dei tecnici e l’universo dei poteri dello Stato, fra Stato e Scienza da sempre intercorre una relazione stretta di scambio, un flusso ininterrotto nei due sensi, di idee, ideologìe, ideali, denaro. Da sempre lo Stato è committente alla Scienza, al fine che essa ne interpreti, codifichi e autorevolmente legittimi le complesse necessità di gestione e controllo del reale, degli uomini: in altre parole dell’universo sociale. Da sempre la Scienza e i suoi preti connivono con questa committenza, la rifiutano drammaticamente, la raccolgono supinamente. Galilei o Openheimer esprimono clamorosamente tali conflitti che hanno l’età del mondo e che si esprimono e si sono espressi quotidianamente ad ogni livello, dal più modesto al più qualificato, di questo rapporto. Il corpo sociale è da sempre il soggetto escluso da questo scambio, ma al tempo stesso l’oggetto vittima di esso. Vittima dell’asservimento della Scienza allo Stato, vittima del controllo dello Stato attraverso la Scienza. Uno Stato "scientifico" o una Scienza "statuale" costringono comunque la "folla" ad essere esclusa dall’individuazione dei propri bisogni e desideri, ma totalmente inclusa nel processo e nelle conseguenze della messa in opera da parte dello Stato e della Scienza dei meccanismi di risposta ai bisogni e ai desideri. Negli ultimi vent’anni la storia della Psichiatria e in parte quella della Medicina hanno conosciuto un tentativo di ribaltamento di tale stato di cose. Il corpo sociale ha incominciato ad avere "voce" all’interno dello scambio fra Stato e Scienza. La pressione delle lotte operaie degli anni ’70 a proposito della salute in fabbrica, la fioritura relativa della medicina sociale, la pressione del movimento delle donne a proposito del problema della gravidanza e dell’aborto, la pressione del movimento dei tecnici democratici della Psichiatria hanno costituito imprescindibili spinte politiche, ma anche ideali e tecniche che hanno aperto fratture tanto vive quanto salutari nel monolito della scienza e dei suoi addetti, hanno rotto antiche connivenze. Dopo due anni dall’entrata in vigore della nuova legge sulla Psichiatria riappare palese il disegno di riappropriazione da parte dell’apparato statuale e della Psichiatrìa di tutto il patrimonio critico accumulato in questi anni. Di nuovo si tende ad escludere dallo scambio fra Stato e Scienza il corpo sociale, di nuovo le Istituzioni si costituiscono come incontrollabili stati separati. Tutta l’eversiva esperienza di laicizzazione del sapere psichiatrico tende a trasformarsi in psichiatrizzazione delle esperienze laiche. Si perfeziona il disegno di una promozione di tutto il corpo sociale a controllore sociale. Se cerchiamo fra i volti di questa folla uno qualunque e lo espropriamo di ogni storicità, di ogni umanità possiamo tranquillamente inserirlo nella serie delle immagini dei pazzi, etichettarlo come depresso o idiota, fissarlo come altro dagli altri, catturarlo nel congegno brutale o sottile del controllo psichiatrico. E il "noi", autore di questa operazione di esproprio può essere chiunque accetti in cambio di una piccola parte di potere frammentato, di staccarsi dal corpo sociale per appartenere all’universo dei controllori. E’ tempo di fare l’inverso: rivisitare le immagini iniziali, restituire storia, umanità, soggettività ad ogni volto, per poterlo, non solo metaforicamente, "ricollocare" di diritto fra i volti di tutti, uno fra gli altri, a cominciare dal nostro, ognuno soggettivamente portatore di sofferenze e contraddizioni, tutti collettivamente attenti a non lasciarsene espropriare.

La scienza lombrosiana



 

Volti e corpi: immagini tratte dall’archivio delle certezze psichiatriche. Pazzi, delinquenti, idioti, prostitute, esistenze coattivamente devolute a costituire l’Inconfutabile Prova della esistenza scientifica di due universi: quello dei galantuomini e quello dei miserabili.

"Attraverso l’immediatezza del linguaggio di Lombroso emergono i tratti tipologici, i pregiudizi o i giudizi di valori, le categorie morali e gli stereotipi della cultura dominante. Le sue descrizioni ci danno l’immagine vissuta, accettata e non filtrata criticamente del delinquente, del pazzo e della prostituta come personaggi sociali o riproducono fedelmente gli attributi tradizionali dei ruoli sociali (della donna e del bambino ad esempio) dell’Italia fine ‘800". Ferruccio Giacanelli, introduzione a G. Colombo, "La scienza infelice: il museo di antropologìa criminale di C. Lombroso" Boringhieri 1975

E’ l’universo dei galantuomini (le sue forme istituzionali, le sue norme e le sue paure) che si costituisce come committente alla scienza perchè essa spieghi i fenomeni, legittimi le norme, dia dignità alle necessità della classe dominante. La Psichiatria "nei secoli fedele" muta le sue intuizioni e le sue pratiche ogniqualvolta muti il complesso assetto dello Stato e del relativo controllo sociale da parte di esso: questo gli psichiatri non lo sanno, o fanno finta di non saperlo o non lo credono, ma l’intreccio fra i poteri della Scienza e i poteri dello Stato è leggibile rileggendo tutta la storia della Psichiatria. La "convivenza civile" fra salute e malattia, fra norma e devianza, fra criminalità e giustizia impone allo Stato di trovarsi un referente tecnico e così le istituzioni, ove si suppone la scienza eserciti la propria pratica, allargano o restringono l’area del loro intervento curativo, a seconda della richiesta del committente statuale, ora "curando" i lebbrosi, ora i poveri, ora le prostitute, ora i folli, ora i delinquenti. Una faccia, una notazione redatta con lo stile della polizia e con il gergo della scienza: tutto è predisposto per dimostrare la malattia con una "prova" vuota e pertanto inconfutabile; anni di miseria, di solitudine, di esclusione, di emigrazione vengono contenuti nella astrattezza senza storia della fotografia (iconografia della diagnosi e corrispettivo progredito della craniometria) cosicchè sia negata ogni individuale connessione con le vicende e i lughi, cosicchè al tempo stesso e all’opposto sia affermata una tranquillizzante privatezza di ogni sofferenza, inclusa dentro il cervello ammalato, reclusa dentro l’istituzione antica o moderna. Ogni pazzo, ogni sua fotografia sono tanto illuminanti per giustificarne l’internamento e la cura, tanto oscuri da non potere illustrare una singola storia di uomo.

Tutto ciò che è intrico doloroso di private vicende è riassunto in poche chiare parole vuote, tutto ciò che è sviluppo drammatico di collettive sorti, socialmente e politicamente determinato, è frammento nella unicità del "caso clinico": in Psichiatria ciò che è collettivo diviene privato e cio che è intimo e individuale diviene pubblica e anonima generalizzazione.

La vita quotidiana


Dormire, mangiare, amare, camminare, parlare con gli amici, lavorare; tutto ciò è la nostra vita quotidiana, la grandiosa banalità del vivere. Una quotidianità che non ha legittimità in Manicomio ove il dormire è regolato dagli orari dell’Istituzione e il non dormire una intollerabile iniziativa; l’amare è proibito o cupamente tollerato; il mangiare è soprattutto venire nutriti attraverso un rito carcerario; il parlare con gli amici un lusso ignoto ai più e lavorare un diritto dismesso o un dovere tradito. Per ognuna di queste "banalità" c’è uno spazio e un tempo, c’è una regola, cosicchè della vita quotidiana resta la quotidianità atemporale dei riti, ma della vita non c’è più l’ombra. E l’uomo, anzi il degente, anzi il paziente ha perduto la banalità del quotidiano di tutti, per essere schiacciato fra l’anonimato dei porci e la falsa soggettivazione del "caso clinico". E a superare questo interdetto alla banalità del vivere non basta la riproduzione in cartapesta della vita: ergoterapìa, cioè lo sfruttamento di manodopera a basso costo; terapìa occupazionale, cioè l’inganno di impiegare il tempo in una attività che non ha riferimenti nè con i desideri, nè con i bisogni del degente; ludoterapìa, cioè la codificazione della festa, l’istituzionalizzazione della spontaneità, la definizione degli spazi e dei tempi della gioia cosicchè la gioia non abbia più posto. Disorientato nel tempo e nello spazio; afinalisticamente affacendato; affettivamente impoverito; reattivo e eteroaggressivo; così annotano zelanti psichiatri, quotidianamente sulle cartelle cliniche: ma che tempo e spazio cui riferirsi per chi non può decidere del proprio tempo e del proprio spazio? Che faccende reali cui affacendarsi per chi deve tirar sera per anni? quale ricchezza affettiva per chi non ha rapporti? come non essere legittimamente "aggressivi"?

"L’uomo tende a dormire, a divertirsi e a lavorare in luoghi diversi, con compagni diversi, sotto diverse autorità o senza alcuno schema razionale di carattere globale. Caratteristica principale delle istituzioni totali può essere appunto ritenuta la rottura delle barriere che abitualmente separano queste tre sfere di vita. Primo, tutti gli aspetti della vita si svolgono nello stesso luogo e sotto la stessa unica autorità. Secondo, ogni fase delle attività giornaliere si svolge a stretto contatto di un enorme gruppo di persone, trattate tutte allo stesso modo e tutte obbligate a fare le medesime cose. Terzo, le diverse fasi delle attività giornaliere sono rigorosamente schedate secondo un ritmo prestabilito che le porta dall’una all’altra dato che il complesso di attività è imposto dall’alto da un sistema di regole formali esplicite e da un corpo di addetti alla loro esecuzione. Per ultimo, le varie attività forzate sono organizzate secondo un unico piano razionale, appositamente designato al fine di adempiere allo scopo ufficiale dell’istituzione" Ervin Goffman "Asylums" Einaudi 1968

Questa lunga e magistrale descrizione dell’istituzione totale di Ervin Goffman basti non solo a illuminare della giusta luce la realtà della vita quotidiana dei degenti di un ospedale psichiatrico, ma soprattutto possa ridurre al silenzio chi pensi che il problema dei manicomi è quello di renderli più belli o più puliti, o più confortevoli. La logica della istituzione totale non si copre con una moquette, ma si cancella, cancellando l’istituzione stessa.

La contenzione


I mezzi di contenzione fisica accompagnano con lugubre evoluzione tutta la storia della Psichiatrìa. Ne sono indispensabile strumento. Probabilmente è vero il contrario: la Psichiatrìa è strumento della contenzione. Vale la pena di guardare le immagini che li mostrano non tanto sdegnandosi, perchè una disciplina medica si avvalesse e si avvalga di corde, lacci, manette, gabbie, collari, camiciotti, ma più che altro comprendendo che tutto questo strumentario volto a coercire, piegare, spegnere abbia trovato una disciplina medica che lo legittimasse. Una disciplina, la Psichiatrìa, che dai suoi albori medievali fino alle sue evoluzioni arricchite da nuove scoperte (la psicanalisi ad esempio) ha sempre ambìto a non essere messa in scacco dalla "psiche", ma al contrario di poterla mettere in scacco, è purtuttavìa sempre stata messa in scacco dal corpo: lo ha custodito, recluso, violentato, piegato, ignorato, ma i bisogni e desideri di esso interrogano e restano senza risposta. La legge sulla assistenza psichiatrica del 1904 (che è stata in vigore fino al 1978 faceva menzione della pratica della contenzione fisica in qualche modo, più teorico che pratico, normandola. Nella legge n. 180 del 1978 non se ne fà più menzione, non la si autorizza nè proibisce. La contenzione fisica resta invece una pratica a tutt’oggi assai diffusa: nei manicomi, negli ospedali generali, nelle cliniche private. La lotta contro tale pratica resta quindi attuale. Così pure la consapevolezza che tale pratica e di converso il rifiuto e la messa al bando di essa non comportano solo una umanizzazione del fare psichiatrìa, ma soprattutto l’apertura di contraddizioni, che pur partendo da una specifica vicenda individuale sconvolgono il significato complessivo del fare psichiatrìa nelle sue connessioni con la libertà e la liberazione di ciascuno: di chi è contenuto e di chi contiene. L’abolizione di ogni forma di contenzione fisica è ancora un obiettivo importante e attuale in ogni struttura psichiatrica anche se, scrive lo psichiatra inglese Conolly,

"gli infermieri e sorveglianti abituati al vecchio sistema erano riluttanti ad abbandonarlo e non sapevano valersi di quelle risorse che evitano gli inconvenienti dell’abolizione…. il 21 settembre scorso il sistema di non contenzione ha compiuto sette anni; durante questo periodo non si è fatto ricorso a camicie di forza, manicotti, bracciali, cavigliere, sedie di contenzione o altri strumenti di coercizione fisica, nè di giorno nè di notte. In questi sette anni sono stati ammessi ad Hanwell millecento pazienti curati complessivamente con il sistema non repressivo; durante quel periodo il numero dei presenti è stato quasi sempre di circa mille" John Conolly "Trattamento del malato di mente senza metodi costrittivi (1856)" Einaudi 1976

Queste considerazioni sulla propria pratica, moltissimi psichiatri non potrebbero scriverle oggi in Italia; John Conolly le scriveva nel 1856. Non contenere il corpo del degente dentro l’Ospedale Psichiatrico, accettarne la dolorosa sfida, confrontarsi con la sua domanda, significa anche imparare a non usare il potere del proprio ruolo e del proprio sapere per "contenere" qualunque sfida e ogni domanda. In tal senso le immagini di questi marchingegni sono solo apparentemente repechage di un improbabile antiquariato della coercizione, in realtà mostrano la Psichiatrìa di sempre.

La terapia


Conoscere la "cura" ignorando la malattia. Conoscere la "malattia" ignorando il malato. Conoscere il "malato" ignorandone la sofferenza. Ma cura di che? Malattia di chi? La storia delle terapie psichiatriche è storia di raddrizzamenti delle storture della mente: si raddrizza l’anima infetta rotando il corpo su di un sedile girevole, innaffiandolo di acqua gelida e bollente, scuotendolo con scariche elettriche, piegandolo al coma insulinico. Ma è anche la storia delle grandi aspettative verso la psicochirurgia e la psicofarmacologia, verso una chimica e una ingegneria che "risolvano" la malattia. Gli ingegneri smontano il cervello, lo rimontano (magari un po’ depauperato) ma la logica resta quella di sempre, "tagliare via" la parte che disturba, che erompe, che nega il reale, che lo aggredisce. Parallelamente al progressivo (ma non definitivo) abbandono della psicochirurgia si espande in misura impressionante il mercato degli psicofarmaci. Sui pochi attendibili dati dei ricercatori si costruisce il commercio delle illusioni, delle mistificazioni, delle menzogne e degli abusi; come di consueto ne è complice la Psichiatrìa e l’alleanza fra mercanti e scienziati: si consolida etichettando

"un sempre più ampio numero di problemi umani e personali come problemi medici. – prescrizione e somministrazione di uno o più psicofarmaci in situazioni che non richiedono affatto un intervento farmacologico. – prescrizione e somministrazione a dosi eccessive e/o per troppo lunghi periodi di tempo di uno psicofarmaco che sarebbe utile a dosi più basse e/o per periodi più brevi. – scelta irrazionale del tipo di psicofarmaco (ansiolitico o neurolettico o antidepressivo) – prescrizione e somministrazione di associazioni preconfezionate oppure di più di 2 psicofarmaci contemporaneamente. – prescrizione a dose troppo bassa, sospensione precoce del trattamento" Michele Tansella "Le Benzodiazepine nella pratica psichiatrica. Revisione critica " Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano 1978

Abuso di psicofarmaci dunque non è soltanto l’uso punitivo, repressivo, annullante di essi ma pure l’ignoranza sistematica dei loro effetti collaterali sovente drammatici, delle loro reali indicazioni enormemente più limitate e incerte. Basta scorrere la pubblicitàdegli psicofarmaci per ritrovare l’antico sodalizio fra Psichiatria e interessi estranei ai bisogni degli utenti della psichiatria: farmaci che sedano, controllano, socializzano; al corteo di "rimedi" anche se sia i primi sia i secondi hanno poco o nulla a che fare con la sofferenza di chi viene diagnosticato e curato, anche se i disturbi, sovente terribili, imputabili all’abuso di psicofarmaci generano nuova sofferenza, anche se la domanda di salute non trova risposta nè udienza. I 214 milioni di ricette di psicofarmaci prescritte nell’anno 1970 negli Stati uniti indicano con impressionante evidenza sia un malessere profondo e diffuso sia e soprattutto la mancata rispsta ad esso:

"Qual è la dose giusta di Largactil per sedare un uomo che vuole uscire e che trova la porta sempre chiusa? E la dose di Anafranil per fare alzare dal letto una donna che è stufa di passare le giornate sulla stessa sedia?" Leo Nahon "Osservazioni sul rapporto tra farmacologia reale e uso clinico-istituzionale degli psicotropi" Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano 1978

Benedetto Saraceno

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I’m sorry..

Premetto che a me il Milan sta sul cazzo, che il calcio lo seguo solo quando tengo l’umore adatto, e che tifo Italia nei mondiali e negli europei, qualsiasi squadra giochi.  Ieri sera ho seguito la semifinale Milan Manchester U. in un pub inglese. Per cause di forza maggiore arrivo dopo le 19.30 e quindi i locali sono tutti pieni. Riesco per mia fortuna a piazzarmi all’entrata di uno di questi perche’  il negrone della security me lo permette e il video sta proprio di fronte a me. Stare fuori non e’ male, pero’ ho voglia anche di dissetarmi, ma il negrone continua a dirmi che non posso. "Cazzo, ma se sono uscite quattro persone, perche’ non ne possono entrare due?" gli chiedo. Logico e matematico, no? Per lui non lo e’. "No". Cazzo quando gli inglesi dicono no e’ no, mica come noi italiani, inutile insistere. Dunque mi vedo, tra l’altro benissimo, tutto il primo tempo affacciata alla porta del pub. Alle mie spalle una folla che aumenta man mano che passano i minuti. Tifo Milan, tifo Italia, si, cazzo, il Manchester deve morire, sette a uno con la Roma e’ stato troppo. Che cazzo me ne frega che i romanisti, e non solo loro, vorrebbero vedere il Milan morto. Io qui voglio che muoiano gli inglesi, che giochino contro il Milan o contro il Barletta. Primo goal. Non posso di certo esultare, abbasso gli occhi sorridenti a terra, sperando che nessuno mi veda. Secondo goal. Mi mordo l’indice tra i denti per la gioia, cercando di fare passare un messaggio di rabbia. Il negrone della security e’ di fronte a me e mi osserva. Credo abbia capito che sono italiana, ha sentito il mio accento mentre parlavo a bassa voce con il mio amico inglese. Secondo tempo, il pub si svuota un po’ e riesco ad entrare. Fiumi di birra che scorrono, sono tutti visibilmente alterati, ma carichi nonostante il due a zero. Riprende la partita. "coooome ooooooon" ad ogni tocco di palla. Qualcuno mi rivolge parola. Io non rispondo, non posso, qui se sentono che sono italiana mica va bene. sorrido solo ipocritamente cercando di fare quella dispiaciuta ma dentro godo. Li sto prendendo per il culo, magra soddisfazione, lo so, ma mi ripaga di tutta la merda che sto mangiando qui. Mancano 20 minuti alla fine della partita ed io non riesco a capire come facciano ancora ‘sti inglesi ad essere cosi’ speranzosi, cazzo, devono farne due per recuperare, ma riescono ad urlare e cantare per sostenere la squadra, anche solo per un cazzo di fallo laterale a meta’ campo. Penso agli italiani in una situazione simile: tutti zitti ad imprecare, ma forse e’ solo perche’ hanno meno birra in corpo, non so..  Ma il tempo passa e finalmente cominciano ad innervosirsi. E’ tutto un susseguirsi di fuckin’ hell, fuck di qua e fuck di la (cazzo, ma sta gente non ha fantasia neppure nel mandare a fare in culo la vita..). Il grande Gattuso viene abbondantemente fischiato quando lascia (invidiosi..) Terzo goal: e’ la fine. Una birra viene scaraventata contro il video. Guardo il negrone della security, non reagisce. Boh, forse qui e’ normale, penso. A questo punto devo per forza farmi un giro e cercare gli altri italiani mimetizzati, mi dico. Ci sono, me lo ha detto il mio amico inglese che li ha sentiti parlare. Non li trovo. Vabbuon, lascio il locale. Saluto il negrone della security con un "I’m sorry". Lui mi prende il braccio e mi chiede chi sostenevo "Il Milan" rispondo. "Anche io, odio il Manchester United".  In strada mi lascio un pochino andare. Alzo il braccio destro in segno di vittoria. Ho preso per il culo gli inglesi, o almeno questo ho creduto. Ho goduto mentre ipocritamente dimostravo di condividere la loro rabbia. E’ bastato questo a rendere felice la serata, oltre al gran bel gioco, ammettiamolo, del Milan. A volte la vita ti regala delle cose semplici, ma carine. Ah..io sono juventina.. Continue reading

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Io..per dire..

 

..ora come ora vivrei qui, in quel di Manchester (ah..tra l’altro si pronuncia Man che’ ster, scusate, la tastiera inglese non tiene accenti, e non Ma’nchester o Me’nchester).

Il posto, come potete vedere dalle fotine (sccusate la banalita’ delle suddette, ma e’ pppprimavveraaaaaaa…) sembra pure fico, si chiama Hulme, si trova al sud della’ citta’, ed e’ sputtanato quanto basta. Dunque qui ci vivrei io, con gli inglesi alternativi, quelli radicali, verdi, anarchici (a modo loro), comunisti (sempre a modo loro) ma soprattutto "artisti" (mboh..), ecologisti, vegetariani, vegan, insomma la middle class che fa la fica e vive con almeno un paio di cani (che palle) a testa. La loro massima occupazione e’ portarli al parco (raccogliendo ovviamente la loro merda in appositi sacchetti di plastica) a correre e giocare con the toy. Bello!!!

Molto di loro che vivon qui, un dieci anni fa, si conobbero all’aereoporto di Manchester, durante una "direct action" contro il governo, il quale ambiva a gentrificare, capitalizzare, cementificare, costruire nuove strade, nuovi edifici dadadadadada..

E allora, a mo del ragazzo della via Gluck, questi Rivoluzionari protestavano: lasciami l’alberello cazzo, il prato verde, e la storia di ognuno di noi, nati per caso nella Gluck Street…e bla bla bla, pim pum pam insomma sapete come va la storia no?

In realta’ fu piu’ che altro un’orgia collettiva, in cui tutti erano ubriachi, scopavano come ricci e figliavano…una scampagnata durata mesi a dormire sugli alberi, insomma..

Ma..come tutte le direct action, che alla fine non risolvono un cazzo, pure loro hanno risolto un cazzo col governo, se non cambiare un po’ le loro vite, e arrivare in questo posto sfigato, per poi dichiararsi depressi cronici e vivere di house benefit e depressione. Che ficata!

Ora, io a quarant’anni, vittima della legge italiana sulla droga, mi ritrovo qui..Eh si, un piccolo frontale con un tir, dopo vent’anni di guida senza manco un’ammaccatura posteggiando, cazzo, mi ha sconvolto la vita. Mi addormento guidando, mi fanno fare la pp, ci sono un po’ di sostanze psicotrope dentro. Ritiro immediato della patente. Che cazzo faccio? Vado a Manchester. Cazzo che idea. Che credevo di fare, qui a quarant’anni, senza conoscere la lingua? Avete presente i polacchi che raccolgono pomodori da noi? Sono una di loro qui. 

Non ho voglia ora di entrare nel merito del mio vissuto, lo faro’, ma cazzo, piu’ sali al nord e piu’ trovi capitalismo avanzato e gente rovinata.  Il melting pot? l’integrazione culturale? ahhahahahahahahah! i cinesi stanno coi cinesi, i giamaicani con i giamaicani, gli indiani con gli indiani, ma per favore..

gli italiani..oddio..fanno quello che possono, ovvero i bastardi. 

To be continued. i’m tired

 

Pero’ qui coltivano l’orticello in comune..che bello eh..tutti che felicemente coltivano collettivamente salvia, rosmarino, origano, narcisi, viole e violette…e tutti possono piantare e raccogliere quello che vogliono, che ficata, che storia collettiva da sballo..

intanto i giamaicani si ammazzano tra di loro..ma che gliene frega agli inglesi di questi poveri negri che si ammazzano tra di loro per sopravvivere?

Non ci camminare davanti ai giamaicani, cambia strada, ti dicono le miss inglesi radical-vegan-chic con the house benefit

"evita, che senno’ ti chiedono di scopare"… 

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Hair

Let it fly in the breeze
And get caught in the trees
Give a home to the fleas in my hair

 

Ho sempre amato e odiato i miei capelli. Troppi e troppo rompicoglioni. Corti non stavano da nessuna parte, ma lunghi mi hanno sempre aiutata a nascondermi.

E non e’ poco 

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