Va bene, va bene, ho acchiappato quanto basta a proposito di Giovanni, il mio nuovo amore musicale. Ieri, mentre con la mia bicicletta passavo davanti al Teatro Colosseo, ho scattato una foto, AFFINCHE’ mi porti fortuna per i biglietti al botteghino domani sera, che provo ad andarci con un amico, l’unico che, come me, non conosceva ancora Allevi prima della mia proposta. Tutti gli altri, quando li ho invitati al concerto, mi hanno eufemisticatissimamente smorzato l’entusiasmo."Ma dove vivi? E’ famosissimo, è quello dello spot della nuova 500. Ahahahah, ma sei proprio out". "Solo perché non ho visto mai lo spot della nuova 500? Sai che ti dico invece? Io della nuova Fiat 500 ho visto addirittura la pEsentazione live in Piazza Vittorio, il 4 Luglio scorso! Come la mettiamo dunque, chi è ad essere out?" E poi tanto preferisco "Back to life", io.
E ora, qui ed ora, per contrastare l’umiGliazione dilaniante, a chi mi legge dico che, per eseNpio, i Vaya con Dios, rockbluesjazz, sono qualcosa da sentire prima di morire. Dani Klein, belga, Lei. Testi, musiche e voce: il climax. Li conoscevate già? Embé? Io li amo da ormai più di quindici anni, uno a uno e palla al centro. E visto che non saprei che scegliere dal mio archivio, perché di loro amo tutto, vi regalo, a caso, ma anche no, la track number 1
Mi pare di capire che dentro al pianoforte
che suona bello forte in fondo a quel salone
la splendida canzone che sempre mi ha stregato
o tutta l’aguardiente che avete tracannato
do-fa-do Lei sfogliavaaa do-sol-lam I suoi ricordi do-fa-do le sue istantaneee do-sol-lam I suoi tabù. Ieri notte, per cause di forza maggiore, ho dormito al mio paesello. Nella mia vecchia stanza, prendo la mia vecchia chitarra e inizio a far casino. Rino Gaetano è incredibilmente facile da suonare. Quattro accordi in croce e il ritmo che devi essere proprio un brocco per non tenerlo. Ma poi però prova a cantare come lui. Unico inevitabile rimedio è quello di posare la chitarrina. Accendo la TV, fiction su Rino Gaetano. Spengo immediatamente.
Oggi sono stata al Commissariato di Polizia per la denuncia di fuga, l’ennesima, della mia pupetta. Funziona che quando un minore fugge dalla comunità tu devi mandare fax a destra e manca, forze dell’ordine, servizi sociali, TDM, cooperativa e mille cazzi. Poi se fa ritorno entro le 48 ore rimandi gli stessi fax agli stessi numeri per dire che la situazione è rientrata, sennò muovi il culetto e vai a fare la denuncia alla polizia, cosa che oggi è toccata a me. Prendo la documentazione necessaria e mi avvio. Mentre cammino per strada leggo una parte che ancora mi mancava. Sono fotocopie di "Documentazione soggetta a segreto d’ufficio". Arrivo al commissariato, suono, il pulotto dalla vetrata apre. "Sono qui per una denuncia di fuga blablabla". Prego, in fondo a sinistra, sala d’attesa. Mi siedo, ci sono un paio di persone prima di me, riprendo a leggere. Cioè tento di riprendere a leggere perché dalla documentazione mi accorgo che mancano esattamente due fogli, cristo, cristo, cristo. Mi precipito dal pulotto nella vetrata, agitata, ci dico che devo tornare a prendere un altro documento che mi sono "scordata", esco, ripercorro bestemmiando la strada che avevo fatto, maledicendomi, insultandomi, chiedendomi con che faccia potro’ dire che ho perso dei documenti particolarmente delicati per strada. Ho pensato anche di licenziarmi. Percorro circa 500 metri, niente. Ne mancano altrettanti e poi la strada è finita. Sotto i portici in lontananza vedo della roba bianca. Corro, corro e corro. I FOGLI SONO LI, CI SONO. La mia gioia era tale solo quando avevo partorito. Rientro al commissariato, è il mio turno. Ehm..non ho i miei documenti. Cristo, cristo, cristo. Risalgo sul tram 9, torno a San Salvario, dove ho casa, prendo i documenti, riprendo il tram 9 e torno al commissariato. E il resto, racconto, domande, descrizioni, peso, numero di scarpe, tentativi falliti di telefonate, ve lo risparmio. Ci ho messo 4 ore. Ed io credo, ogni giorno di più, che sono bollita.
Stanotte notte di pene e di insonnia. Notte di letto e TV. Notte di telefonate invasive. "La ragazzina è di nuovo scappata, visto che hai il cell. acceso, scusa ma te lo volevo dire". "Beh, stavolta non le aprirò la porta" rispondo. E poi penso "Ma perché telefoni a me?" Già ieri notte ero dovuta partire e riaccompagnarla in comunità con l’ultimo tram, e poi dormire li sul divano, perché dopo la fuga era venuta a suonare il mio campanello. Errore. Un educatore non deve mai dare il suo indirizzo. Io l’ho fatto e mi sono beccata un culo così. Comunque stavo guardando il mio quasi/solito appuntamento con la Petruzzelli e le Preture d’Italia. Ognuno ha le sue devianze, no? Io la Petruzzelli la guardavo anni fa, poi l’ho persa di vista e ritrovata ultimamente, nei sabati notte stanchi e malinconici. I miei the best che ricordo sono stati il processo a Scattone e Ferraro per l’omicidio di Marta Russo alla Sapienza e poi quello a Donato Bilancia. Un grande, Donato. Aveva confessato tutto come se niente fosse. L’ho presa di qua, le ho sparato di la, e via cosi. Meglio il suo processo di quello nell’aula bunker alla mafia con il mio mito Tommaso Buscetta. Ieri notte c’era il processo contro la Juve e il Dottor Agricola, anni 94-98, credo, per frode sportiva. Non per tutela della salute e robe così, ma frode sportiva. Mboh, non ne sapevo niente di quella storia, il calcio mi schifa da parecchio, ma a pelle, mi è sembrato un po’ un accanimento. Comunque, il Tribunale era quello di Torino, in un angolo un Guariniello sornione e sorridente, l’avvocato difensore del Dott. Agricola, che si agitava e polemicamente si toglieva la toga, minacciando di lasciare l’aula. E poi ecco la parte più bella. I campioni, tutti in fila a testimoniare. Si sa, in un aula del Tribunale, esce l’uomo intelligente, che sia sincero o che racconti palle. Ma deve uscire l’uomo che deve sapere sostenere la versione che ha scelto qualunque essa sia. E allora ieri sera ho demolito un po’ i campioni, e mitizzato chi già avevo mitizzato. I più grandi, ma già lo sapevo, sono stati Baggio e Zidane. Impeccabili. Baggio, in due parole, molto tranquillo, e anche molto molto fico, liquidava il giudice "Prendevo quello che mi consigliava il medico, non mi ricordo nomi né principi attivi". Zidane, bell’omo pure lui, sorrisino negli occhi, non lasciava trasparire se mentiva o meno. "Il samir? vitamine, no?" "Non precisamente, risponde il giudice" "E allora cosa è il Samir?". Ravanelli, sicuro di sé "Io ricordo tutto, perché mi informavo su quali medicinali dovevo assumere" Però poi, non si ricordava del Samir e cadeva in contraddizione. Bugiardello, a pelle. La figura più di merda è stata di Montero. Non rispondeva, si impappinava e alla fine diceva che a lui non piaceva parlare davanti alla gente. Del Piero, anche lui se l’è cavata degnamente meritandosi uno stacchetto di marketing da rai 3, con sottofondo di Laurie Anderson "I’m a supermaaaan..". E poi Vialli, entrato in polemica con il giudice "Cosa significano le sue dichiarazioni sul doping consapevole e inconsapevole?", ritrattava un po’, insomma a pelle si percepiva che non tutto era chiaro, ma a pelle ho sentito altrettanto accanimento, Samir, creatina o come si scrive, integratori, vitamine, sali, polase e sti cazzi. mboh. Il perito, poi che ce l’aveva con l’emo qualcosa di Conte, che saliva in modo non naturale, nella sua relazione non si era limitato ai dati, ma aveva fatto pure illazioni. Perdita di punti anche per lui. In ogni caso, il processo, come saprete, ma che io non sapevo, fu poi vinto in appello. Ma la cassazione alla fine disse che era giusta la sentenza di primo grado. Tipico della giustizia italiana, Juventus o meno.
Ma ieri notte per me è scoppiato l’Amore. E’ probabile che molti di voi facciano "buuuuu" leggendo che non lo conoscevo ancora, ma ora sto già rimediando. Perché per uno così sarei pronta a fare pazzie. Lui è Giovanni Allevi. Intervistato a notte inoltrata su rai2 credo. Timido, impacciato, bruttino ma bellissimo, semplice, ma genialoide. Un colpo di fulmine. "La semplicità è il risultato finale di anni di conoscenza e di complessità". Più o meno una delle sue frasi è stata questa. Come non innamorarsene? Devo solo vedere quando e se verrà a Torino. Intanto, per chi non lo conosce, lo consiglio di cuore. Go with the flow, Come sei veramente, Back to life. E si sogna.
Lè dura tirare fuori quello che fa male. Di solito lo relego in un angolino. Ma tutto torna no? Piuttosto torna fango, sì, ma torna. Cade la pioggia e tutto lava, cancella le mie stesse ossa. E stasera, stanca, senza energie e retoricamente schifata dal mondo tutto, non mi resta che il blog.
Come puoi lavorare in un posto dove ti auguri di non finirci mai, di non essere mai dall’altra parte? Come puoi restare in un posto dove tu sei quella che ha in mano il potere, ma ti fa schifo, ti si ritorce contro e allo stesso tempo ti fagocita? Non ce l’ho proprio fatta stavolta, ho resistito due soli mesi. Cade la pioggia e tutto casca, e scivolo sull’acqua sporca. Alcuni amici mi dicono che è segnale che sono rinsavita, che mi sto rispettando. Altri di considerare il tutto una vittoria. Il fatto che mi abbiano sbattuta fuori come una criminale, senza darmi la possibilità di salutare "i ragazzi", sequestranodomi le chiavi di servizio negli uffici della cooperativa, con tanto di Presidente presente al colloquio/licenziamento, con la frase "Domani non sarai più in turno", può essere solo considerata una vittoria. Ma per me è stata una sconfitta. Avrei voluto essere così figa da reggere le violenze che succedevano li dentro, rivoluzionare tutto e tutti, e che tutti potessero vivere felici e contenti.
Nel sociale, lo sapete no, succedono violenze vere e proprie. Non è questa la serata di esempi esaustivi, solo un paio, i più classici e allo stesso tempo eclatanti, perché sottili e tollerati. Voglio dire, in un ospizio dove non lavano i vecchietti o li trascurano, la violenza esce fuori limpida per quello che è: violenza; e spesso c’è anche lo scandalo, giornali denunce etc. Ma che so, in altri ospizi per anziani, ora strutture chiamate RSA, impeccabili, le suore che obbligano la vecchietta, che non ce la fa a mangiare, ad alimentarsi lo stesso, aprendole a forza la bocca per introdurre il cibo, è la norma. Oppure si usa una specie di siringa con cibo frullato. Tu introduci la siringona piena di cibo in un angolo della bocca della vecchina, spingi, e il cibo scivola lungo l’altro lato delle labbra, perché proprio lei non ce la fa, non ha più fame, sta per morire. Ma tu devi spingere. Ora, io mi sono sempre rifiutata di lavorare in posti simili, ci ho fatto solo il tirocinio. Mi sono sempre rifiutata di diventare una bestia. Perché in questi posti diventi bestia. E’ il sistema.
Nella comunità per malati di AIDS, dove ho lavorato due mesi e da cui sono stata licenziata, le violenze erano altre. Sottili e prepotenti violenze. Non so neppure spiegarlo da tanto sono incazzata. Gente che sta li perché non ha altre alternative, gente con un’intelligenza, una sensibilità e una cultura da fare invidia a chiunque, che deve subire le decisioni, le frustrazioni, le imposizioni di ignorantoni che stanno lì a lavorare perché oggi come oggi il corso da OSS, Operatore Socio Sanitario, è l’ultima spiaggia per tutti i deficienti e gli incapaci del mondo. La professionalità è cosi alta in quell’équipe che, quando sono entrata, i passaggi di informazione sugli utenti erano stati "Questo è un tossico irrecuperabile, non ti fidare, questo è un maiale, quest’altro ti frega soltanto, questo è una merda". Le mie paure erano a mille, e le senzazioni brutte, molto brutte. Già il fatto che il posto fosse gestito da un ente cattolico, che dava tutto in appalto ad una cooperativa, due galli in un pollaio, mi faceva storcere molto il naso. In quanto cattolico era ricco, molto ricco, con scorte in dispensa di 30 litri di olio extravergine d’oliva per 6 utenti, (forse gli addetti ai lavori potranno capirmi di piu’) detersivi i piu’ cari, sprechi a gogo’, tanto chi amministrava, male, non aveva problemi economici di sorta. E questo mi faceva incazzare. Il fatto che ci fossero le suore, che si recitasse la preghiera prima del pranzo, lo potevo anche cupamente tollerare. Ma quando dopo tre riunioni in cui chiedevo di poter accompagnare al Drop In un ragazzo marocchino che era li da sei mesi, rinchiuso senza possibilità di uscita perché non si meritava fiducia, in quanto tossico (beveva il metadone!!) mi avevano risposto che dovevano valutare il suo vissuto, il suo carattere, il suo comportamento, papepi e pipopu, avevo detto che quel posto era peggio di un carcere. O quando, nel vedere che vietavano a due di loro, uno mezzo rovinato, con le stampelle perché colpito da neuropatia e l’altro con problemi di memoria, di andarsi a bere un caffè insieme al bar di fronte, perchè chissà che combinavano, visto che erano due ex carcerati, allora li avevo proprio mandati tutti a cagare e me ne ero andata via dalla riunione, sbattendo la porta, perché stare in quella riunione era una tortura. E così mi hanno licenziata. Per queste due scenate. Al colloquio, il coordinatore, goduto, cristo come era goduto, mi aveva detto "Non sei adatta per la nostra cooperativa. Eri in prova, quindi da domani non tornare". Ei, non riesco a considerarla una vittoria però. Potevo essere diplomatica, potevo lottare, potevo potevo potevo. Ma non ci sono riuscita. Dopo anni di merda nel sociale, è come se oggi mi mancassero le energie, e in quella comunità, tutta la merda che avevo dentro ha rotto gli argini di colpo. Direbbero gli esperti psicologi, che era il contatto con la morte. Si perché gli psicologi fanno grandi scoperte quando in supervisione ti dicono che in quell’ambiente c’è la morte, che tu cerchi di sfuggire. Che originalità. Comunque, forse hanno ragione. E’ stata la morte. Ma la morte della passione.
Ah..unico particolare degno di nota: il film di Moccia descrive i centri sociali come un posto dove la gente va a fondersi e basta. Chissà che rabbia per chi da tempo si batte per lasciarci fuori la droga. Ah! Vai a capire marketing e comunicazione…
Sognai talmente forte che mi uscì il sangue dal naso
il lampo in un orecchio, nell’altro il paradiso
le lacrime più piccole, le lacrime più grosse
quando l’albero della neve fiorì di stelle rosse
ora i bambini dormono nel letto del Sand Creek
Dove lavoro ora è una villetta a tre piani. Durante i turni della notte, quando tutti dormono ed io no, I could hear the blood in my veins. E’ tutto amplificato e ovattato, tutto attento e disattento, c’è tempo che passa lento e inquietanti rumori del silenzio. Una notte, una delle mie prime notti, nel salone del sotterraneo, in fondo alla mia sinistra un rumore improvviso: l’ascensore si era aperto da solo. E poi la radio che si era accesa improvvisamente nel salone al primo piano e la scopa appoggiata al muro che era caduta a terra. "E certo, ci sono i fantasmi" mi dice S., Ma lui mi prende notoriamente per il culo tutto il giorno. Poi si fa serio "Sono morte molte persone qui". Effettivamente nei novanta morivano come mosche li. Duravano dai tre ai sei mesi al massimo dalla diagnosi. Non morivano proprio li, solo qualcuno che sfuggiva al controllo, gli altri si cercava di mandarli al Rudigoz o al De Mattia dell’Amedeo di Savoia. Ora invece vivono, reggono, lottano. Si ammalano di infezioni opportunistiche, dalla candidosi all’encefalite, da svariate neuropatie al Sarcoma di Kaposi. Ma vivono di più. E c’è qualcuno che è li da dieci anni, anche se si dice sia un miracolo: vi presento T., arrivato su una sedia a rotelle con le gambe piegate, anchilosate e appiccicate alle spalle, e non solo è ancora vivo, ma cammina di nuovo. Lui è ancora da noi perché è agli arresti e ciò ovviamente mi dispiace molto non solo per lui e quelli agli arresti come lui, ma anche per me, perché durante le notti, oltre ai fantasmi, mi tocca aprire ai carabinieri e portarli nelle stanze per i controlli di routine. T. mi diceva la sera scorsa "24 mesi e saro’ libero". "Bene" rispondo io, e poi rivolgendomi a S. "E a te quanto resta?" "Ventisette" mi risponde lui. "Beh dai, 27 mesi passano" concludo io. "No. Anni".
L’HIV nel 2008. Ve lo ricordate? Ve lo ricordo, che io non lo ricordavo più. E’ un virus, che come tutti i virus non si autoriproduce, ma deve avere un aiutino da buon parassita. Entra quindi nella cellula dei linfociti T4, i direttori d’orchestra del nostro sistema immunitario, tramite i recettori CD4 legandosi a loro come fosse una chiave che entra in una serratura. Entra, si riproduce, ed esce a farsi un giro. Uscendo, distrugge la cellula, i linfociti T4 appunto, che normalmente sono circa un migliaio. Se i CD4 sono sotto il valore di 500 e si sono sviluppate infezioni opportunistiche si è in AIDS conclamato. Le infezioni HIV sono in aumento, e molti sono gli eterosessuali, che magari in seguito ad una paralisi strana fanno il test e risultano, a sorpresa, già in AIDS conclamato. Gli antiretrovirali, carissimi, un minimo di 5.000 € al mese, servono o fanno danno? Pare che servano e "Il virus inventato" sa tanto di cazzata, perché, se si muore per i farmaci, allora come si spiegano le migliaia di morti prima dell’AZT? Dove lavoro io se non si assumono i farmaci, la porta è aperta, tornare a casa, please. Ed io non ho gli strumenti e tantomeno la voglia di entrare nel merito. Io lì non educo, mi rendo utile, assisto, cazzeggio e basta. E va bene così.
The night has fallen, I’m lyin’ awake, I can feel myself fading away.
Intanto saluto affettuosamente Sarkozy, Carla Bruni e Fabio Volo. Non se ne può più.
Poi, nella sezione statistiche del mio blog, ho trovato questa ricerca, che uso come augurio di buon percorso ai novelli genitori slavina+papà e kilia-elettrico che non diventino come questo ๐
http://www.google.it/search?q=FIGLIO+DI++17+ANNI+CHE+NO
N+VUOLE+LAVORARE+NE+TANTOMENO+STUDIARE+COSA+FARE&hl=it&
start=20&sa=N
E infine un bacione a Buliccio che ha seminato la novella del dubbio e oramai ogni volta che vedo la classifica dei blog ‘più attivi’ rido.
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Le rette
La retta giornaliera di denaro pubblico che i servizi sociali versano alla cooperativa per l’inserimento in una comunità (terapeutica, dicesi) di un minore è di 178 €. Se il minore è particolarmente problematico, si arriva anche ad una retta di 230, per pagare un ulteriore intervento educativo. In gergo si chiama ‘rapporto uno a uno’ e in pratica è un rapporto simbiotico (e a mio parere negativo) tra un educatore esterno assunto apposta e il minore. Il contratto è di solito a termine, si parte da tre mesi, fino a quando il minore non è ben inserito (?), oppure in caso di fallimento, dimesso. Ma a volte il rapporto 1 a 1 dura per tutto il periodo di comunità. Il messaggio che arriva al minore è "Sei importante per noi e per la società. Ci prendiamo cura di te, soddisfiamo al meglio possibile i tuoi bisogni, c’è addirittura una persona tutta per te". In realtà è un sostegno all’équipe che non riesce a gestire il minore, il quale, generalmente mette in atto dinamiche aggressive e oppositive che rivoluzionano quelle solite della comunità, destabilizzando progetti educativi, relazioni e blablabla. Anni fa avrei liquidato la faccenda del rapporto 1 a 1 con un giudizio molto seNplice "Se un’équipe fatta di adulti, con tanto di qualifica professionale e/o esperienza di anni, non riesce a gestire un minore, il problema è dell’équipe". Oggi, che vecchiezza ed esperienza bussano alla porta, ci vado molto più cauta e dico "La situazione è coNplessa". Dire che la situazione è coNplessa risolve seNpre un sacco di problemi.
Non esistono aiuti di tipo economico alla famiglie in difficoltà, un sostegno da elargire per esempio ad una madre che si trova col marito in carcere, senza lavoro e con tre figlie. No. Pensare di dare un alloggio popolare gratis e una borsa lavoro alla madre è un progetto troppo intelligente. Invece si inseriscono le tre bambine in comunità, nonostante il legame con la madre sia positivo, magari per un paio di anni e poi magari vengono affidate a tre diverse famiglie, anche se il legame fra loro è fortissimo. Allora, fate il conto: 178€ per tre bambine al giorno per 365 giorni per due. Entrare nel merito del disastro sentimentale di una separazione studiata e progettata mi fa troppo incazzare ancora oggi. Perché è per una storia come questa che anni fà ero scappata a gambe levate da una comunità per "minori a rischio", tanto il sistema non lo cambiavo, piuttosto era lui a fagocitare me.
La retta scende un pochino se si parla di psichiatria o AIDS conclamato e tossicodipendenze. Oscilla dai 120 ai 50€ giornalieri. Ma qui ci stanno pure le spese per psicfarmaci e antiretrovirali, quest’ultimi contro il virus dell’hiv, sono circa 5.000 € al mese per persona.
Alla prossima, che oggi ho l’emicrania e non mi passa, bai bai.