[CoopCoopCoop] Servizi alla persona (II)

Lè dura tirare fuori quello che fa male. Di solito lo relego in un angolino. Ma tutto torna no? Piuttosto torna fango, sì, ma torna. Cade la pioggia e tutto lava, cancella le mie stesse ossa. E stasera, stanca, senza energie e retoricamente schifata dal mondo tutto, non mi resta che il blog. 

Come puoi lavorare in un posto dove ti auguri di non finirci mai, di non essere mai dall’altra parte? Come puoi restare in un posto dove tu sei quella che ha in mano il potere, ma ti fa schifo, ti si ritorce contro e allo stesso tempo ti fagocita? Non ce l’ho proprio fatta stavolta, ho resistito due soli mesi. Cade la pioggia e tutto casca, e scivolo sull’acqua sporca. Alcuni amici mi dicono che è segnale che sono rinsavita, che mi sto rispettando. Altri di considerare il tutto una vittoria. Il fatto che mi abbiano sbattuta fuori come una criminale, senza darmi la possibilità di salutare "i ragazzi", sequestranodomi le chiavi di servizio negli uffici della cooperativa, con tanto di Presidente presente al colloquio/licenziamento, con la frase "Domani non sarai più in turno", può essere solo considerata una vittoria. Ma per me è stata una sconfitta. Avrei voluto essere così figa da reggere le violenze che succedevano li dentro, rivoluzionare tutto e tutti, e che tutti potessero vivere felici e contenti.

Nel sociale, lo sapete no, succedono violenze vere e proprie. Non è questa la serata di esempi esaustivi, solo un paio, i più classici e allo stesso tempo eclatanti, perché sottili e tollerati. Voglio dire, in un ospizio dove non lavano i vecchietti o li trascurano, la violenza esce fuori limpida per quello che è: violenza; e spesso c’è anche lo scandalo, giornali denunce etc. Ma che so, in altri ospizi per anziani, ora strutture chiamate RSA, impeccabili, le suore che obbligano la vecchietta, che non ce la fa a mangiare, ad alimentarsi lo stesso, aprendole a forza la bocca per introdurre il cibo, è la norma. Oppure si usa una specie di siringa con cibo frullato. Tu introduci la siringona piena di cibo in un angolo della bocca della vecchina, spingi, e il cibo scivola lungo l’altro lato delle labbra, perché proprio lei non ce la fa, non ha più fame, sta per morire. Ma tu devi spingere. Ora, io mi sono sempre rifiutata di lavorare in posti simili, ci ho fatto solo il tirocinio. Mi sono sempre rifiutata di diventare una bestia. Perché in questi posti diventi bestia. E’ il sistema. 

Nella comunità per malati di AIDS, dove ho lavorato due mesi e da cui sono stata licenziata, le violenze erano altre. Sottili e prepotenti violenze. Non so neppure spiegarlo da tanto sono incazzata. Gente che sta li perché non ha altre alternative, gente con un’intelligenza, una sensibilità e una cultura da fare invidia a chiunque, che deve subire le decisioni, le frustrazioni, le imposizioni di ignorantoni che stanno lì a lavorare perché oggi come oggi il corso da OSS, Operatore Socio Sanitario, è l’ultima spiaggia per tutti i deficienti e gli incapaci del mondo. La professionalità è cosi alta in quell’équipe che, quando sono entrata, i passaggi di informazione sugli utenti erano stati "Questo è un tossico irrecuperabile, non ti fidare, questo è un maiale, quest’altro ti frega soltanto, questo è una merda". Le mie paure erano a mille, e le senzazioni brutte, molto brutte. Già il fatto che il posto fosse gestito da un ente cattolico, che dava tutto in appalto ad una cooperativa, due galli in un pollaio, mi faceva storcere molto il naso. In quanto cattolico era ricco, molto ricco, con scorte in dispensa di 30 litri di olio extravergine d’oliva per 6 utenti, (forse gli addetti ai lavori potranno capirmi di piu’) detersivi i piu’ cari, sprechi a gogo’, tanto chi amministrava, male, non aveva problemi economici di sorta. E questo mi faceva incazzare. Il fatto che ci fossero le suore, che si recitasse la preghiera prima del pranzo, lo potevo anche cupamente tollerare. Ma quando dopo tre riunioni in cui chiedevo di poter accompagnare al Drop In un ragazzo marocchino che era li da sei mesi, rinchiuso senza possibilità di uscita perché non si meritava fiducia, in quanto tossico (beveva il metadone!!) mi avevano risposto che dovevano valutare il suo vissuto, il suo carattere, il suo comportamento, papepi e pipopu, avevo detto che quel posto era peggio di un carcere. O quando, nel vedere che vietavano a due di loro, uno mezzo rovinato, con le stampelle perché colpito da neuropatia e l’altro con problemi di memoria, di andarsi a bere un caffè insieme al bar di fronte, perchè chissà che combinavano, visto che erano due ex carcerati, allora li avevo proprio mandati tutti a cagare e me ne ero andata via dalla riunione, sbattendo la porta, perché stare in quella riunione era una tortura. E così mi hanno licenziata. Per queste due scenate. Al colloquio, il coordinatore, goduto, cristo come era goduto, mi aveva detto "Non sei adatta per la nostra cooperativa. Eri in prova, quindi da domani non tornare". Ei, non riesco a considerarla una vittoria però. Potevo essere diplomatica, potevo lottare, potevo potevo potevo. Ma non ci sono riuscita. Dopo anni di merda nel sociale, è come se oggi mi mancassero le energie, e in quella comunità, tutta la merda che avevo dentro ha rotto gli argini di colpo. Direbbero gli esperti psicologi, che era il contatto con la morte. Si perché gli psicologi fanno grandi scoperte quando in supervisione ti dicono che in quell’ambiente c’è la morte, che tu cerchi di sfuggire. Che originalità. Comunque, forse hanno ragione. E’ stata la morte. Ma la morte della passione.

Dimmi a che serve restare
lontano in silenzio a guardare
la nostra passione che muore in un angolo e
non sa di noi
 
Il nostro amore è polvere da sparo
è solo un battito di cuore
e il lampo illumina senza rumore
e la mia pelle è carta bianca per il tuo racconto
ma scrivi tu la fine
io sono pronto
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14 Responses to [CoopCoopCoop] Servizi alla persona (II)

  1. paolo says:

    ..ma tu… perchè hai scelto di fare l’operatrice addetta all’assistenza ? Io lo so il perchè..:
    SEI MASOCHISTA !!

  2. tro says:

    ti sei scelto un nickname pOprio interessante! 🙂

    a settembre tornerò a lavorare sul mercato delle Multinazionali Del Disagio.
    E racconterò vicissitudini e dolori sul Migep, se vi va.
    Ma ora..respiro ancora a fondo aria pura e non ci voglio manco pensare 🙂

    Comunque, io ho vinto una causa di lavoro contro una cooperativa. Si puo’ lottare se si vuole

    ciao a tutto il Migep 🙂

  3. detlef says:

    Appoggio il tuo non condividere gli scandali di quella cooperativa. Anch’io feci qualcosa di simile un anno fa. Siamo pochi ma sapere che c’è chi dice NO è importante. Sapere che qualcuno condivide lo spirito con il quale porti avanti certe lotte. Bravissima, hai tutta la mia solidarietà!

    A presto da detlef

    webmaster di http://www.operatoresociosanitario.net

    admin di http://www.migep.it/forum

  4. giuseppe says:

    Brava! dobbiamo tirare fuori gli artigli!!

    Ricambio l’abbraccio!!

    Se visiti il forum del Migep, troverai notizie che ti possono interessare.

    Ciao e a presto.

    Giuseppe

  5. tro says:

    ciao Milla, ciao Giuseppe!
    che piacere leggervi e poter sentire che si condivide.. 🙂

    Milla, certo che non mi dispiace del tuo link..e poi..cavolo, proprio a Verbania, da dove sono arrivata pochi giorni fa..
    Certo che la vita è proprio straordinaria..

    Giuseppe..si..ora rientrero’ a lavorare. E ritirero’ fuori le unghie

    Un abbraccio a tutti e due

    tro

  6. giuseppe says:

    Ciao”tro”.
    Noi oss abbiamo il dovere di “umanizzare l’assistenza socio-sanitaria”.

    Purtroppo esistono delle realtà dove la speculazione,i conflitti e la più pericolosa di tutte “l’ignoranza”,ostacola questo processo.

    Noi oss siamo deboli e subiamo….perchè non siamo uniti e partecipiamo alla lotta democratica, fino al raggiungimento degli obiettivi prefissati dal Migep,(l’associazione che rappresenta gli oss).

    *Formazione adeguata;
    *Area sanitaria;
    *Albo professionale;
    *Approvazione proposta di legge n.°81;
    *Più potere contrattuale.
    “Rispetto della dignità”

    Ho letto che ti piace Ivano Fossati,anche a me, in particolare il cd “la musica che gira intorno” il brano “l’amore degli occhi”

    Ciao, coraggio dobbiamo combattere! combattere! combattere!
    Giuseppe

  7. Milla says:

    ciao, PourLesAnalphabètes, mi ha colpito emotivamente la tua storia e ho cercato d’immedesimarmi, sapessi quante volte ho inghiottito i tuoi bovcconi amari….è difficile reagire, ma ti lodo, sei vera!
    Se non ti dispiace ho dato il tuo link in un sito per innfermieri e operatori socio sanitari, voglio far sapere la tua storia e cosa soffre un oss ogni giorno….

    Associazione delle professioni infermieristiche e tecniche
    Operatore Socio Sanitario (OSS) – Infermieri Generici – Psichiatrici – Puericultrici –
    Infermieri – OTA – ASSS – Adest – OSA

    Sede sociale via Motta Santa 44 Fondotoce 28924 Verbania tel 0323 496081 – fax 0323 406882 3387491756

    E-mail info@migep.it

    http://www.migep.it/forum

  8. tro says:

    invece mi ci trovo nelle tue razionalizzazioni da fuori, mi ci trovo molto.
    E a proposito del tuo pensiero, che condivido tantissimo, riguardo alla marginalità degli educatori, mi viene da puntualizzare che, quando ho iniziato questo lavoro, quindici anni fa ormai, questa era proprio reale. Nel senso che questo era un lavoro riservato agli “ultimi”, agli emarginati. Io arrivavo da tutt’altro mondo e sono finita a lavorare nell’allora manicomio di Collegno per motivi personali. Diciamo che la vita mi aveva fatto male e volevo curare gli altri per curare me stessa (banalità che dico sempre quando mi si chiede perché faccio questo lavoro) E i miei colleghi allora erano peruviani, marocchini, ex tossici, e via cosi. Poi con gli anni è aumentata la professionalità, e i miei colleghi sono diventati italiani, alternativi, cattolici o super comunisti. Qualifiche e riqualifiche: la badanza è diventata corso ADEST, oppure per i più volenterosi SFEP, il corso professionale per educatori e poi il corso ADEST è diventato il corso OSS (ahahah adesso c’è anche il Super OSS e non scherzo, che mi ricorda SUPERMARIOBROS) la SFEP ha fatto spazio a Scienza dell’Educazione, che ha fatto spazio all’interfacoltà per educatori etc. infine il ruolo è stato ricoperto dalla laurea in psicologia. Oggi la maggior parte dei miei colleghi sono psicologi (che vogliono farsi l’esperienza, ma per lo più che non trovano da fare lo psicologo e ripiegano, aimé, sul ruolo di educatore..)
    Ma, nonostante il vestito firmato degli studi, la marginalità di questo lavoro continua ad essere evidente, e tu la descrivi benissimo.

    Parlando di me stessa, per motivi personali, io ho semplicemente una riqualifica OSS, perché anni fa avevo dovuto, per stare sul mercato, per forza di cose frequentare un corso regionale ADEST (Assistenza Domiciliare e dei Servizi Tutelari), che ho dovuto, di nuovo per forza di cose, riqualificare in OSS (Operatore Socio Sanitario).
    Diciamo che idealmente preferisco la qualifica OSS piuttosto che quella di educatore, perché di “educare” a me non frega proprio niente, ma piuttosto “assistere”, mettere quel pezzo che manca a chi è in difficoltà, senza interferire nella sua vita più di tanto su quello che dovrebbe fare, cambiare e via di queste cazzate. Ma tra il dire e il fare…
    In ogni caso ho un buon curriculum di esperienza e questo, vista la grande domanda/offerta in questo ambiente, dovuta a un turn over micidiale, e visto il grande divario, come credo tu possa sapere dai tuoi amici, tra stipendio da fame e responsabilità, fa si che io abbia potuto, fin’ora, trovare lavoro abbastanza facilmente, e anche in posti con responsabilità maggiori rispetto al mio titolo professionale.
    Per esempio ora sto facendo, con un contratto di tre mesi, poi si vedrà, l’educatore uno a uno su una minore decisamente problematica, ed io non sono educatore 🙂
    (e domani mattina ho appuntamente con il supervisore clinico per vedere come sono messa emotivamente..)

    Rispetto al metterci dentro controvoglia anima, cuore e polsini insanguinati..cazzo non sai quanto io sia stanca, oltre alla normale introspezione di routine, di sentirmi continuamente psicanalizzata in quanto costretta, e lo sottolineo costretta, a mettere continuamente in discussione e in bella vista il mio personale. Un esempio al volo, ieri l’altro mi sono messa a pulire la cucina in comunità, semplicemente perché faceva schifo e perché volevo per un attimo staccare dai ragazzi, e la collega (psicologa che non trova per ora lavoro come psicologa) mi dice “Senti il bisogno di riordinare te stessa?”. Magari questo a te fa ridere e sembra una cazzata. Invece per me è tragedia perché non ne posso più di queste interferenza. E aggiungo, se hai letto, che sono stata licenziata, perché in due supervisioni dinamiche (dove anche lì sei costretta, volente o nolente, a metterti in gioco) avevo dato in escandescenza, ammettendo di essere molto stanca dell’ambiente sociale. Il mio lavoro in quei due mesi, aveva potuto piacere o non piacere, ma era stato corretto. In supervisione invece ero scoppiata, e per questomi hanno sbattuta fuori, prendendo la palla al balzo: questa dice che è stanca e si vede, facciamola fuori nei tre mesi di prova, ora che si può. E’ andata più o meno cosi. A volte non ho nemmeno più la forza di incazzarmi.

    Come vedi ho continuato a scrivere. 🙂 Grazie e ciao

  9. zzt says:

    la nostra passione non muore
    ma cambia colore
    tu fammi sperare che piove e senti pure l’odore!!!!!!!
    cazzo il bloooooooooog

  10. HCE says:

    mi sa che invece è una cosa sensata. perché i malesseri che escono in questo articolo non sono individuali, ma sociali.

    ci sono dentro i meccanismi che portano persone in molteplici serbatoi di esclusione e marginalità. povertà, droga, malessere psichico, famiglie pericolose, piccola e grande delinquenza, …

    e poi ci sono anche tanti come te, e tanti altri che conosco, che scemi scemi non sono, ma fanno lavori sottopagati mettendoci dentro, anche controvoglia, l’anima e il cuore (e scusa i polsini insanguinati).
    e anche questa è una forma di marginalità: se non hai lo stomaco abbastanza peloso per stare sul libero mercato, puoi campare facendo l’educatore.
    ma questa scelta, e il relativo barlume di rispetto di sé stessi e di senso che ne puoi cavare, la paghi.
    nel conto in banca, nella precarietà e nei compromessi con chi gestisce questi servizi per fare soldi, potere e coscienza pulita, nel vivere tutti i giorni a contatto col malessere.

    e c’è il ruolo di “ammortizzatore” dei vari servizi sociali: raccogliere la spazzatura della società, istituzionalizzarla, e ridurre il danno per quella che passa come “parte sana” della società, ovvero non disturbare i consumatori.

    e poi ci sono quelli che si accontentano di consumare.
    che forse sono quelli messi peggio.

    e comunque queste sono le mie razionalizzazioni del cazzo da fuori, da persona che ha tanti amici in questo mestiere e ogni tanto ne annusa le storie, percui è del tutto probabile che non ti ci trovi.
    ma tanté, anch’io ho bisogno di usare la tastiera per qualcosa di cui me ne frega, di tanto in tanto.

    continua a scrivere.

    HCE

  11. tro says:

    Ma no, mi sa che sono io piuttosto ad aver scritto il pistolotto. Mi sa che usare il mediocre blog per i malesseri mica va bene 😛

  12. manco says:

    Hai ragione, rileggendolo ho scritto un pistolotto zuccheroso.

  13. tro says:

    cosa cerco?
    mboh..
    lo stipendio 🙂

  14. manco says:

    Sentirsi dall’altra parte della barricata… la chiamano empatia? Si, anche. Come diceva qualcuno il coraggio (o l’aridità) uno non se lo può dare. (Era Don Abbondio lo so).
    Ma tu cosa cerchi lì dentro? Una vittoria contro la tua empatia o forse contro la MORTE della passione? Sono partite giocate solo per PASSIONE e alla fine perdi tutto e rimani con le tasche vuote.
    Non le devi giocare, sono truccate e tu dovresti saperlo oramai.

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