Time is not up yet

Queste foto le ho prese qui. http://www.flickr.com/photos/peteboyd/
Sono di Pete, un mio amico di Manchester. Ci scriviamo qualche mail per aggiornarci sulle nostre vite, ora che sono tornata qui, e mi ha mandato il link. La foto sotto riprende un muro di casa sua, imbrattato un anno fa circa, una sera che c’ero anche io. Si guardava un DVD e si beveva good spanish red wine, quando improvvisamente a lui si versa un bicchiere di vino sopra una poltrona antica, diciamo. Inizia ad agitarsi dicendo che era una poltrona a cui ci teneva molto, un regalo della madre. E mentre io mi do da fare per far sparire la macchia sulla stoffa, lui si alza, borbotta qualcosa in inglese, per me incomprensibile e scrive questa roba qui sul muro. De materialise. "Minchia che siNpatico fuori di testa" avevo pensato io. Al che, dopo, soltanto dopo aver levato la macchia di vino, avevo preso una penna e tutta felice avrei voluto scrivere qualcosa anche io, in italiano, una frase di De André. Ma lui mi aveva risposto che non potevo. "Questo è il mio muro, lascialo stare. Se vuoi scrivere vai a scrivere sul tuo!". (E’ inglese, si sa..)
 
Per sopravvivere a Torino, oggi come oggi, sei costretta a fare due lavori. Io sono tornata qui dopo dieci anni e ho ritrovato i miei vecchi amici rovinati. Tristi, impoveriti, incazzati e allo stesso tempo spaventosamente rassegnati. Amici che ti fanno gli squilli al cellulare come gli adolescenti perché non hanno credito, i più fortunati che escogitano ogni mese un sistema per pagare la rata del mutuo. Fortunati perché loro il mutuo sono riusciti ad averlo. 400 euro di mutuo, 900 di stipendio, 1050 con gli assegni familiari per due figli a carico. Preciso che quasi tutti lavorano nell’ambito sociale, come me. E quasi tutti devono fare altro per sopravvivere. L’andazzo, quando si è fortunati, è quello di spararsi le 40 ore settimanali in tre turni da 12 ore più le riunioni e supervisioni varie e poi il resto del tempo utilizzarlo per un secondo lavoro. Tutti facciamo così. Tutti. Io pure, soprattutto ora che mi serve mettere da parte la cauzione per una casa. Per trovare una casa, si sa, servono gli amici che conoscono gli amici degli amici. E’ il metodo migliore. Altrimenti ti rimane Secondamano o Tuttoaffari, dove le agenzie, faccio nomi "Casa Veloce" mettono inserzioni false, che sembrano inserzioni di privati, con prezzi credibili e accessibili, che tu pensi "Questo affitto mi pare buono". Allora tu chiami quel numero e ti rispondono loro. Usano diversi numeri di telefono, cellulari e fissi. Questo succede per i tre terzi degli annunci di privati. Roba da incazzarsi e mandarli affanculo per i soldi sprecati col telefono, come facevo io. Oppure rassegnarsi e diventare furbetti. Prendere le inserzioni pubblicitarie di Casa Veloce con l’elenco di tutte le sue subagenzie sparse per Torino, quindi controllare i cellulari ed i fissi pubblicati nel loro spazio pubblicitario e confrontarli con quelli degli annunci prima di telefonare. Es. in un annuncio il cui numero di telefono è 650997, tu vai a vedere Casa Veloce, subagenzia di Via Nizza e scopri che ha il numero 650900 e quindi il 997 è un loro interno. Eviti così di sprecare soldi e tempo. Se invece trovi il privato, allora inizia la depressione. Stanze di 15 metri quadrati, il cui "angolo cottura" è un fornello da campeggio, la "zona notte soppalcata", è un materasso infilato in una nicchia, alla quale accedi con una scala in acciaio super leggero, quelle degli imbianchini per intenderci, e sul quale materasso, sozzo, riesci appena ad infilarti senza battere la testa e ti chiedi come potrai riuscire a rifare il letto. Prezzo 400 euro. 
Ma io per ora mi sono fermata un po’. Il prossimo mese riprendo la ricerca della casa. Appena ritrovo il secondo lavoro, che dal primo sono stata licenziata due giorni fa. Ero nei tre mesi di prova. Vabbè diciamo che durante una riunione avevo mandato tutti a cagare e me ne ero andata sbattendo la porta. Ma non credevo mi licenziassero, invece si. Son tempi davvero duri. Shit takes time to come about.

This entry was posted in Contemporaneo. Bookmark the permalink.